RICHEY EDWARDS: la scomparsa di un poeta.

richey front

“Da ragazzo non avevo altro in testa.

Formare una rock band e diventare una star.

Ci ho sempre creduto.

Mai avuto un dubbio che io e i miei amici ce l’avremmo fatta.

Nicky, James, Sean ed io.

E farlo partendo da Blackwood, Galles del Sud, vi garantisco che è una bella impresa !

Nicky, James, Sean ed io.

Siamo amici da una vita.

Ci siamo conosciuti alle elementari.

E da allora non ci siamo più mollati.

Ho dovuto convincerli un po’ per prendermi nella Band.

All’inizio ero solo l’autista del nostro piccolo Van ma quando “Flickers” se ne è andato e Nicky ha preso in mano il basso hanno deciso di dare a me l’altra chitarra.

Porca troia …

Sono impazzito dalla gioia !

Beh, non sono certo Jimi Hendrix con una chitarra in mano ma a questo ci pensa James che è bravo davvero ! … e se non siete convinti andatevi a sentire il riff di “Motorcycle Emptiness”.

Ho cominciato a scrivere le liriche insieme al mio grande amico Nicky e ho disegnato la copertina, gli sfondi del palco e lavorato per promuovere quella che doveva diventare “la più grande rock’n’roll band del mondo”.

E ora che tutto questo è diventato realtà il vuoto dentro che ho fin da quando ero un ragazzino non solo sembra non voglia colmarsi … ma si allarga ogni giorno di più.

Non riesco più a godermi nulla.

Eppure è tutto lì !

Lo sto toccando e vivendo ogni giorno !

La fama, le interviste, ragazzi che ci seguono ovunque da tutte le parti del mondo.

In Giappone poi ci adorano !

I Manic Street Preachers sono tutto per me.

La mia ragione di vita.

Ho loro e nient’altro.

Ok, ho i miei libri … Camus, Kerouac, Gramsci, Rimbaud …

Ma quando si è disperatamente depressi come lo sono io non ci sono via di fuga o cure.

Neanche i miei amici di una vita … neanche il rock’n’roll e la fama.

Questa fottuta depressione che si è impossessata di me e che si manifesta nelle sue forme peggiori.

Mangiare diventa uno sforzo sovrumano che a volte sono così debole che non riesco neanche ad alzarmi dal letto o a farmi una tazza di te.

Poi adesso bevo troppo, lo so.

A tal punto che divento un peso anche per i miei amici Nicky, James e Sean.

E poi c’è “quell’altra cosa” che nessuno pare riuscire a tollerare ne tantomeno a cercare di capire: quando decido di prendere una lama e inizio a farmi a brandelli la pelle oppure quando mi spengo qualcuna delle troppe sigarette che fumo sul corpo …

Ho provato a spiegarglielo ma NON POSSONO capire …

Il dolore fisico che provo in quei momenti mi fa sentire così meglio !

Ed è l’UNICA cosa che mi distrae, mi allontana da tutte quelli piccole e grandi cose che mi infastidiscono, che mi fanno stare male e che mi fanno incazzare.

Improvvisamente tutto il resto diventa così lontano, banale e superficiale … perché io sono concentrato nel DOLORE.

L’unica cosa che davvero mi fa sentire VIVO.”

manic

Il 1 febbraio del 1995 Richard James Edwards lascerà l’Embassy Hotel di Londra poche ore prima di partire insieme a James Dean Bradfield, cantante e chitarrista dei Manic Street Preachers, per un tour promozionale negli States.

Il disco da promuovere è “The Holy Bible”, il terzo lavoro dei Manics.

La sua creatura.

Il disco  dove i testi sono stati scritti prevalentemente da Richey, ormai assurto a figura di leader e di culto tra i tanti fans del gruppo.

Testi cupi, arrabbiati, rassegnati, politici, evocativi … e poetici come mai fino ad allora.

Ma durante la registrazione del disco i problemi di Richey sono ormai fuori controllo.

Beve in maniera smodata, spesso scoppia a piangere e quasi tutto il disco è suonato in studio senza il suo contributo.

Richey non partirà per quel tour promozionale con James.

Da quel giorno inizia una ricerca dapprima di “routine” (l’ennesima star alcolizzata e capricciosa) pare pensare la polizia.

Poi via via sempre più affannata, spasmodica e preoccupata.

A quel punto, dopo due settimane di ricerche convulse e infruttuose, anche Nicky, James e Sean capiscono che stavolta il disagio di Richey è assai più grande di quanto loro potessero immaginare, abituati da sempre a convivere con la fragilità del loro amico.

Eppure segnali importanti del suo malessere Richey li aveva mandati anche in tempi non sospetti.

Nessuno però di impatto così crudo e violento come quello durante un intervista con Steve Lamacq, giornalista di NME che mettendo in dubbio l’autenticità dei Manics per tutta risposta si è visto mettere davanti al naso il braccio sinistro di Richey che con una lama si era inciso sulla pelle la scritta “4 real” (for real, “davvero”).

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Ci vollero diciassette punti di sutura per rimettere a posto quella ferita.

Il 17 febbraio viene ritrovata la sua auto, una Vauxhall Cavalier.

Il luogo dove la polizia locale la trova fa sprofondare la famiglia e gli amici di Richey nel terrore e nello sconforto: l’auto è parcheggiata a poche decine di metri dal Severn Bridge, tristemente noto nel Sud del Galles come “ponte dei suicidi”.

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I giorni, le settimane e i mesi successivi sono un autentico stillicidio per Nicky, James e Sean e per la famiglia di Richey.

Falsi avvistamenti, segnalazioni improbabili e fantasiose, spesso di menti malate e di mitomani.

Nicky Wire, il suo vero e grande amico da sempre, ricorda commosso quel periodo dove “ogni squillo di un telefono, ogni volta che bussavano alla porta o ogni volta che sentivamo un colpo di clacson sotto casa pensavamo, speravamo, bramavamo che fosse Richey che era tornato … e ogni volta era un pezzetto di speranza che se se andava …”

Nel 2002 alla famiglia di Richey viene chiesto di accettare e firmare la possibilità di “dichiararlo legalmente morto”.

Si opporranno fermamente.

Passeranno altri 6 anni prima che la dura e terribile realtà venga accettata: Richey se ne è andato per sempre.

Richey era la mente, il simbolo, il catalizzatore della Band.

Per quasi tutti il gruppo è finito in quei giorni di febbraio del 1995.

Passano parecchi mesi.

Poi Nicky scrive un pezzo, dolce e malinconico: A design for life.

Lo spedisce a James che intanto si è trasferito a Londra.

James lo sente.

Si commuove … prova a comporre la musica.

Il prodotto finale è la scintilla di cui i tre ragazzi di Blackwood avevano bisogno per ripartire.

Il loro 4° album, “Everything must go” sarà un successo planetario.

I Manics rinascono e vanno avanti.

Richey non è più con loro ma c’è comunque.

E ci sarà sempre.

“Journal for plague lovers” del 2009 sarà interamente dedicato a lui e tutti i testi saranno recuperati da vecchi stralci, poesie e appunti di Richey.

I Manics andranno avanti ma il loro approccio non cambierà mai … a tal punto che da quel maledetto giorno di febbraio ad oggi ogni singolo introito della Band viene ancora equamente diviso per 4: una parte per Nicky, una parte per James, una per Sean e una per Richey.

E’ sempre Nicky, che da allora scrive i testi della Band, che parlando degli anni immediatamente successivi alla scomparsa di Richey li definirà come “gli anni più fortunati per i Manics … ma non certo i più felici”.

Riposa in Pace Richey, bellissima e torturata anima.

richey last

 

 

Ovviamente la prima parte, raccontata in prima persona, è frutto della “fantasia” dell’autore ma è supportata da decine di interviste, di racconti, di aneddoti  su Richey.

E, per quanto possa contare, è raccontata da qualcuno, come il sottoscritto, che ha amato fin dall’inizio e ama tutt’ora questa band e le stupende, profonde e colte liriche di Richey.

Remo Gandolfi

 

 

Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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