JEMPI MONSERE’: l’assurda morte di un campione.

jempi 1 cmondo

“Sto contando le ore.

Mancano solo 4 giorni.

Quattro soli giorni prima di correre la gara che amo di più: la Milano-Sanremo.

La sto aspettando come un bambino aspetta il Natale.

E poi la correrò con addosso la maglia di campione del mondo !

Sarà davvero qualcosa di speciale.

Qualcuno si stupirà perché io sono belga.

Ma nonostante tutte le fantastiche corse che ci sono dalle mie parti la Milano-Sanremo è la corsa che amo di più.

Da bambino ci ho visto vincere tanti miei connazionali su quel fantastico arrivo di Via Roma e ho sempre sognato di fare altrettanto un giorno.

L’anno scorso l’ho disputata per la prima volta.

Non è andata benissimo, sono arrivato 22mo.

Però sono arrivato con il gruppo di Eddy Merckx.

Ho corso praticamente attaccato a lui !

Ho cercato di carpirgli qualche segreto, di studiarlo e di capire come avrebbe interpretato la gara.

Ho capito tante cose di cui ho fatto tesoro e spero che fra quattro giorni mi possano tornare utili.

Ci saranno tutti, ma proprio tutti i migliori ciclisti del panorama mondiale.

Ci sarà Eddy ovviamente  e sappiamo bene tutti quanti che quando Eddy è in condizione batterlo diventa un’impresa quasi impossibile.

In fondo la Sanremo è la corsa che lo ha fatto conoscere al mondo !

L’ha già vinta tre volte e la prima di queste quando aveva solo 20 anni.

Ma la Sanremo ha una particolarità non da poco: non sempre la vince il più forte.

Spesso la vince il più astuto o il più temerario.

E la fortuna conta più che in tutte le altre corse “monumento” decisamente più dure e dove a vincere è quasi sempre il più forte.

Ci sarà ovviamente il mio grande amico Roger, anche se lui la testa ce l’ha già alla Roubaix !

Ci saranno gli italiani, galvanizzati dal successo di Dancelli dello scorso anno dopo quasi vent’anni di delusioni e sconfitte.

Ma so che posso giocarmela alla pari con tutti in questa corsa … e poi, con questa maglia iridata addosso, un po’ di energia in più sono sicuro che al momento giusto arriverà !

 

 

Jean Pierre Monseré detto “Jempi” non correrà quella Milano – Sanremo.

Non la correrà mai più come non correrà mai più una corsa in bicicletta.

Si perché nel pomeriggio del 15 marzo 1971, a soli 4 giorni dalla disputa della classica italiana, Jempi Monseré morirà in una banalissima, stupida ed inutile kermesse corsa a Gierle, a poche decine di chilometri da casa sua, a Roeselare.

Monseré verrà investito da una stupida e inutile donna che, a bordo della sua Mercedes, forzerà il posto di blocco della polizia entrando così nel circuito di gara.

Il tutto pare, per non arrivare tardi ad un appuntamento con il suo commercialista …

Ma quanto la malasorte abbia deciso di accanirsi contro Jempi e i suoi cari non finisce certo qui.

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Jean-Pierre Monserè nasce a Roeselare, una piccola cittadina del Belgio Fiammingo nel 1948. E come praticamente tutti i ragazzini belgi si innamora di quella che è la grande passione del suo Paese: la bicicletta.

In Belgio non è come da noi dove i ragazzini prima giocano tutti a calcio e poi , accortisi che magari non tutti sono dei Roberto Baggio o dei Francesco Totti, si dedicano ad altre discipline. In Belgio no. In Belgio vai in bicicletta perché TUTTI vanno in bicicletta. E appena qualcuno si accorge che in bicicletta sai andare forte … ecco, quello sarà il tuo sport e quella sarà la tua strada.

E Jempi andava forte, fortissimo. Nelle categorie giovanili fa letteralmente “paura”.

Vince tutto o quasi e quando non vince lui vince il suo grande amico di sempre, un certo Roger De Vlaeminck, un ciclista che verrà poi soprannominato “Monsieur Roubaix” perché capace, come nessun altro nella storia, di vincere 4 volte la classica delle pietre, del terribile paveè francese e belga.

Sono amici ma sono come il giorno e la notte. Roger è scorbutico, arcigno e testardo. Parla poco e con poche persone. Jempi è brillante, spiritoso, burlone ed è anche bello. Piace alle ragazzine e agli inizi della carriera sono in tanti a dire “troppo bello e troppo attratto dalle ragazze … non andrà lontano” in quello che è lo sport più di sacrificio che si conosca.

Ma Jempi mette presto a tacere le voci che lo vogliono playboy e sciupafemmine: a 19 anni ha già trovato l’amore, quello vero, quello che sai da subito dentro di te che sarà per la vita.

Lei è bellissima ed è la reginetta dei locali della sua zona. Ha 17 anni, si chiama Annie. La conosce una domenica pomeriggio in discoteca e le dice “la prossima corsa che faccio la vinco e ti porto i fiori del vincitore”.

Jempi è di parola. I due in meno di un anno si sposeranno.

Neppure due mesi dopo essere passato da professionista vince la sua prima “Classica Monumento” così vengono chiamate le 5 corse più importanti del calendario internazionale.

Il Giro di Lombardia.

E’ sveglio e astuto oltre che forte; capisce subito chi va forte e chi no e sta attento a tutto quello che succede in corsa. E quando va via la fuga buona in mezzo c’è anche Jempi. Poco importa se questo suo primo trionfo non è di quelli sognati, quelli con le braccia al cielo, con la coppa, i fiori e i baci delle Miss … si perché Jempi arriva secondo in quella corsa, ma l’olandese Karsten il vincitore, verrà squalificato per aver utilizzato sostanze dopanti dopo pochi giorni.

Il 1969 si conclude con il nome del giovane Jempi Monserè sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori: che fosse forte si sapeva ma così forte nell’anno del suo esordio tra i professionisti dove inesperienza e timidezza hanno bloccato spesso anche i più grandi corridori del passato beh, non se lo aspettava nessuno.

In quegli anni il ciclismo era dominato da un altro belga, quello che diventerà il più grande ciclista di tutti i tempi e uno dei miti assoluti dello sport: Eddy Merckx.

Merckx è belga, ha solo 24 anni (solo 3 più di Jempi) ma sta già dominando il ciclismo tanto da essersi già meritato l’appellativo di “Cannibale” tanta era la sua fame di vittorie.

E si arriva così al giorno più atteso da tutti gli appassionati di ciclismo del globo: il campionato del mondo che premierà con la bellissima maglia iridata il corridore più forte. Siamo nell’agosto del 1970.

Si corre a LEICESTER, in Inghilterra, in quello che da tutti viene definito un circuito troppo facile, che rischia di non fare la dovuta selezione e soprattutto che può permettere a tanti atleti, e non solo ai più forti, di primeggiare.

E’ il nostro grande campione Gimondi a cercare di far saltare il banco, attaccando ripetutamente e cercando di selezionare il più possibile il gruppo. Gimondi va in fuga con il francese Vasseur. Merckx è più indietro, insieme a tutti gli altri favoriti della gara. Il vantaggio di Gimondi inizia ad essere consistente e i ciclisti del gruppo all’inseguimento capiscono che occorre fare qualcosa prima che sia troppo tardi; e qui arriva la svolta. Merckx, leader assoluto e capitano del team belga, non è nel suo solito stato di grazia. Monserè gli chiede se può avere via libera per giocarsi le proprie carte; Merckx in uno dei rari momenti di magnanimità della sua carriera, acconsente. Jempi esce dal gruppo come un ciclone, portandosi dietro 3 compagni di avventura, tra cui proprio quel Mortensen che l’anno prima lo battè al mondiale dilettanti. In breve raggiungono la coppia di testa e i 6 filano velocemente verso l’arrivo. Mortensen e Monserè sono i più veloci e qui succede qualcosa che magari non dovrebbe succedere ma che invece, nello sport, ogni tanto succede. Gimondi prova a chiedere a Monserè di aiutarlo, facendogli da punto di appoggio per battere Mortensen. Due piccioni con un fava: con uno di quelli forti mi alleo e con l’aiuto di questo batto l’altro.

La proposta è vantaggiosa: Gimondi gli dice “Il prossimo anno vieni con me a correre nella Salvarani (fortissima squadra di ciclismo e famoso mobilificio di Parma) e ti copriamo d’oro.”

Al primo tentativo di approccio di Gimondi in inglese Monserè non capisce ma quando Gimondi ci riprova, stavolta in francese, Monserè capisce perfettamente !

La sua reazione ? Si alza sui pedali e ci molla un’accelerata tale che  Gimondi, Mortensen e gli altri lo vedranno solo al traguardo !

E così il giovane jean-Pierre diventa a 21 anni e pochi giorni il più giovane campione del mondo di ciclismo della storia moderna.

jempi podio

I festeggiamenti all’arrivo sono quasi commoventi; perfino il Cannibale Eddy Merckx appare sinceramente felice per la vittoria del suo giovane compatriota e le attestazioni di affetto e di stima arrivano praticamente da tutti.

Si perché Jempi è buono, è gioviale e simpatico e anche in uno sport duro e a volte spietato come il ciclismo, nessuno vuole male a questo bel ragazzone fiammingo.

Vicino a lui la bella moglie Annie, che da lì a pochi mesi darà al marito Jempi il regalo più bello, assai di più anche della maglia iridata; l’arrivo di un figlio, di quello che verrà chiamato Giovanni, in onore di un carissimo amico italiano di Jean-Pierre.

jempi e giova

La stagione nuova, nel 1971, inizia nel migliore dei modi.

La maglia iridata e soprattutto l’arrivo del piccolo Giovanni, sembrano essere quell’ulteriore stimolo in più per Jempi che vince praticamente tutte le corse a cui partecipa a febbraio e nei primissimi giorni di marzo.

Si, perché Jempi vuole essere al massimo per il primo grande appuntamento della stagione: la mitica Milano-Sanremo, che Merckx ha già monopolizzato vincendola ben tre volte nelle 5 stagioni precedenti.

Battere Merckx nella “sua” corsa toglierebbe tutti i dubbi anche ai più scettici: finalmente l’uomo in grado di infastidire e battere il Cannibale è arrivato.

Jempi decide di seguire i consigli del suo allenatore: nessuna corsa dura di preparazione, niente Parigi-Nizza o Tirreno-Adriatico (le corse preferite da chi deve preparare la Sanremo) ma correre al sole della Spagna e poi restare in Belgio, correre piccole corse locali e non andare a forzare quando la forma è già così eccellente.

L’ultima di queste corse si disputa mercoledì 15 marzo. Il giorno dopo si parte per Milano perché sabato 19 c’è il grande appuntamento; la Milano-Sanremo.

E’ una piccola kermesse (così venivano chiamate le piccole manifestazioni cittadine che praticamente tutti i paesini del Belgio, della Francia e dell’Olanda organizzavano regolarmente) con tanti ragazzi locali e solo qualche buon corridore. Tra questi l’amico fraterno Roger De Vlaeminck. E’ un circuito cittadino, siamo a Gierle, vicino al confine francese. La corsa ha il suo svolgimento classico: i dodici migliori sono già davanti pronti a disputarsi la vittoria, con Monserè e de Vlaeminck strafavoriti.

I dodici escono da una curva ad angolo retto, riprendono velocità e rilanciano l’azione. Ma a quel punto succede qualcosa di folle, di pazzesco, di totalmente inaspettato; una macchina, una Mercedes, forza un posto di blocco della polizia che tutelava il percorso di gara.

Il gruppetto di ciclisti si trova improvvisamente questo ostacolo nella già stretta strada cittadina.

Tutti riescono per questione di centimetri ad evitare l’impatto … tutti tranne uno, l’ultimo di quel gruppo; Monserè.

Si era girato a controllare il vantaggio sul gruppo e non può certo immaginare che una macchina si trovi all’interno del circuito !

L’impatto è tremendo. Jempi Monserè con la sua maglia di campione del mondo addosso, muore sul colpo.

De Vlaeminck, il suo amico De Vlaeminck, si gira, lo vede atterra, inizia ad urlare. “Jempi, smettila con i tuoi stupidi scherzi, alzati fratello”.

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Jempi non si alzerà più.

Morirà su quella strada, a 22 anni, ucciso da una donna che era in ritardo per il suo appuntamento da un commercialista.

Lo schock è enorme; nessuno può capacitarsi che la bella favola di questo ragazzo possa finire così.

Eddy Merckx vincerà la sua quarta Sanremo tre giorni dopo e al rientro in Belgio andrà sulla tomba del suo giovane rivale a depositare i fiori vinti a Sanremo, sapendo in cuor suo che forse quei fiori li avrebbe avuti Jempi comunque.

……

E così la giovane moglie Annie rimane con il suo piccolo Giovanni, di neppure due anni e visto che il Belgio è terra di ciclisti una sua cugina e cara amica sposerà di li a poco Freddie Maertens, altro immenso campione belga che per il piccolo Giovanni diventerà un secondo padre, accudendolo, portandolo con lui in vacanza e a tante corse.

E sarà proprio Maertens che regalerà il giorno della sua prima comunione la prima biciclettina da corsa al piccolo Giovanni (una Flandria ovviamente !) con una raccomandazione: quando andrai in giro con la tua bici dovrai sempre mettere due cose; il casco e la maglia iridata come aveva tuo padre perché tutti devono sapere chi sei.

Siamo nel 1976, Il piccolo Giovanni, 7 anni non ancora compiuti, ha appena guardato in tv una tappa del tour de France dove lo “zio Freddie” li ha messi tutti in fila per la sesta volta in 20 tappe vincendo sul traguardo di Versailles.

Dice alla mamma che esce a fare un giretto con gli amichetti.

Giovanni è con gli amici, con le loro piccole bici ai bordi della strada del piccolo centro di Roselaere.

Sono si è no a 300 metri da casa.

Alle loro spalle sentono distintamente il rumore di una moto di grossa cilindrata.

Ma sono sul marciapiede e sono tranquilli.

Sono in una semicurva.

Il motociclista va troppo veloce

Perde il controllo del mezzo.

Sbanda.

Riesce per poche decine di cm ad evitare di centrare il gruppetto degli amici di Giovanni.

… che invece è davanti a loro di qualche metro.

Forse andava già più forte di tutti, come il papà …

La moto lo centra in pieno.

Lo uccide sul colpo.

I vicini sentono lo schianto, vedono il piccolo Giovanni a terra, esanime.

Chi ha il coraggio ora di dirlo alla madre ?

Chi ha il coraggio di dirle quello che il destino è stato capace di farle ?

Non può essere. Ci deve essere un limite anche alla malasorte … ma non è così purtroppo …

Roeselare e il Belgio intero sono sconvolti.

Come farà Annie a non crollare, a non cadere a pezzi dopo essersi vista strappare via così il marito e il figlio ?

La risposta la darà lei qualche anno dopo, nell’unica intervista rilasciata alla televisione belga in tutti questi anni.

“Credo che la sfortuna abbia voluto colpirci così per vendicarsi. Perché una cosa è certa: nessuno al mondo è mai stato più FELICE di noi tre in quei pochi anni insieme.

E quel ricordo è tutto ciò che mi serve per andare avanti senza di loro.”

annie oggi

 

 

 

Questo è stato in assoluto il primo pezzo “maledetto” che io abbia mai scritto.

L’ho sentito quasi come un dovere morale di provare a raccontare questa incredibile storia che purtroppo pochi conoscono nella speranza che qualcuno in più possa conoscere quanto la vita è stata terribile con questa famiglia.

Come sempre la prima parte raccontata in prima persona è mia, ma estrapolata da racconti, interviste, aneddoti su questo grandissimo e sfortunato ciclista.

Remo Gandolfi

 

 

 

 

 

 

 

Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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