di REMO GANDOLFI
Quando ho ricevuto la chiamata del Team Marussia non ci volevo credere.
“Signorina De Villota, avremmo il piacere di proporle un colloquio di lavoro per un posto di pilota collaudatore nel nostro team”.
Queste la parole di Graeme Lowdon, il capo esecutivo del team.
La Formula 1.
Il sogno assoluto per chiunque faccia il mio mestiere e sia mai salito su una monoposto in una qualsiasi competizione.
Certo, non sarò io a partecipare ai Gran Premi ma sedersi su una macchina del genere è un piacere enorme a prescindere !
Lo avevo fatto solo una volta, ovviamente in prova su una Lotus Renault.
Da allora non ho sognato altro: tornare a guidare uno di questi bolidi.
Quando l’ho detto a mio padre Emilio gli si sono illuminati gli occhi.
Lui, sempre così freddo e distaccato.
Ci ha abituati così.
Fin da quando io e miei fratelli eravamo bambini.
Poche smancerie ed effusioni e praticamente nessun tipo di manifestazioni di affetto “fisico”.
Ci spiegò questo comportamento molto più in là negli anni.
“Con il mestiere che facevo non potevo permettere che vi affezionaste troppo a me”.
Mio padre era un pilota.
Ha corso anche in Formula 1.
Negli anni in cui correva lui i piloti morivano come le mosche d’inverno.
Williamson, Cevert, Revson, Koinigg, Donohue, Pryce, Peterson …
Tutta gente che ha corso con mio padre, che mio padre conosceva bene … con qualcuno di loro era addirittura amico.
Tutti morti su una monoposto di formula 1 nel giro di un pugno di anni.
Ma lui la Formula 1 la sognava.
Era la sua ossessione.
I sacrifici che fece per arrivarci furono inimmaginabili.
Me ci riuscì. E per lui fu un orgoglio enorme.
E ora sarà sua figlia che si siederà dentro una monoposto di Formula 1.
Mi ha trasmesso la sua stessa passione e non poteva essere diversamente.
Da quando ho l’età della ragione che sento parlare di motori, di meccanici, di gomme, di gare, di piazzamenti … di vittorie e di sconfitte.
Quasi sempre per una figlia femmina il proprio padre è un mito, un esempio e un punto di riferimento.
Per me non è stato diverso.
Volevo che mio padre fosse orgoglioso di me.
A 16 anni ero già sui kart a fare a “sportellate” con tanti maschiacci veloci, ambiziosi e innamorati come me della velocità.
Qualcuno era un po’ arrogante, qualcun altro scettico e prevenuto nei miei confronti.
Quante volte prima di una gara ho sentito la frase “corre solo perché è la figlia di Emilio De Villota”.
Ma ho fatto tutto il mio percorso, meritando sul campo, anzi in pista, tutto quello che è arrivato in seguito.
Nel 2000 il mio debutto su una monoposto nella Formula Toyota Castrol e li dimostro ai pochi scettici rimasti che se sono lì è solo ed esclusivamente per merito.
Un settimo posto nella classifica finale il primo anno e addirittura il secondo nella stagione successiva dove per ben 2 volte riesco a mettermi dietro tutti gli altri.
Avevo solo 21 anni.
Poi arriva la Formula 3 con la Meycom.
Da allora sempre in crescendo con la ciliegina sulla torta rappresentata da una partecipazione alla “24 ORE DI DAYTONA”, una delle esperienze imperdibili nella carriera di un pilota professionista.
E ora sono qua, pronta a partire per l’Inghilterra per i miei primi test con la Marussia MR01.
E’ un piccolo team, ma sono ambiziosi e molto organizzati.
… e anche se sarò “solo” un pilota collaudatore è un gran bel sogno che si realizza … e gli occhi felici di mio padre sono il più bel regalo possibile.
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Maria sta provando la Marussia MR01 di Formula 1 nell’eliporto inglese di Duxford.
Sono previste delle prove di aereodinamicità nella messa punto della monoposto del team anglo-russo in vista dell’imminente Gran Premio di Gran Bretagna.
E’ il 3 luglio del 2012.
Per Maria non è il prima volta in assoluto su una Formula 1.
Ha già guidato una Lotus Renault e anche se non si può certo considerare una veterana l’esperienza di guida sulle monoposto non le manca.
Ha 32 anni, ha già corso in Formula 3, nelle Euroseries, nel World Tour Car Championship e ha partecipato ottenendo un buon risultato alla prestigiosissima 24 ore di Daytona.
Maria ha appena terminato la sua prima sessione e si appresta a rientrare ai box.
Procede lentamente, alcuni testimoni parlano di “30 km all’ora non di più”.
Poi improvvisamente l’auto ha una accelerazione che attira immediatamente l’attenzione delle oltre 20 persone presenti in quel momento al box della Marussia.
Di per se non pare comunque una manovra ne troppo azzardata e neppure troppo pericolosa.
C’è ampio spazio all’esterno dei box.
Se non fosse che, nel punto sbagliato, si trova una camion della scuderia con la pedana colpevolmente sollevata a mezz’aria.
Maria se ne accorge all’ultimo momento.
Probabilmente c’è anche un disperato tentativo di frenata che però l’asfalto viscido rende praticamente inefficace.
La pedana è sporgente verso l’esterno ed è esattamente all’altezza del viso della pilota spagnola.
L’impatto è devastante.
La sponda metallica penetra nel lato destro del casco, squarciandolo letteralmente in due.
Immediatamente ai box ci si accorge della gravità dell’incidente.
I soccorsi sono immediati e Maria viene trasportata all’ospedale Addenbrooke di Cambridge, uno dei centri maggiormente specializzati in Europa nella cura dei traumi.
Per giorni si teme per la sua vita.
Maria lotta, come ha sempre fatto sia in pista che nella vita per cercare di emergere in un mondo ancora decisamente maschilista.
Le sue condizioni migliorano e dopo qualche interminabile giorno di attesa la prognosi viene sciolta.
Maria sopravviverà.
Il prezzo da pagare è però altissimo.
La perdita dell’occhio destro, 104 punti di sutura sul lato destro del viso, 3 operazioni di chirurgia plastica, la perdita dell’olfatto e la parte destra del volto completamente insensibile … a cui aggiungere dei fortissimi mal di testa con cui dovrà imparare a convivere.
Dopo qualche mese Maria riappare in pubblico.
Occhio destro coperto da una benda che però non riuscirà a togliere neppure un briciolo della sua bellezza e del suo meraviglioso sorriso.
Perché Maria ha ricominciato a sorridere.
“Ho vinto la mia corsa più importante. Quella per la vita” dice ogni volta che le chiedono delle sue condizioni.
“Il mio sogno, guidare una formula 1, l’ho raggiunto. E’ durato poco è vero, ma ora ne ho tanti altri da raggiungere”.
E ringrazia tutti quelli che le sono stati vicini in questi terribili mesi, per l’appoggio, il supporto e la vicinanza emotiva.
E’ una donna forte Maria ed è positiva.
“L’unica cosa a cui riesco a pensare è che se quella pedana fosse stata 10 centimetri più in basso ora non sarei qua. Questa è davvero l’unica cosa che conta”.
La vita va avanti … non può essere diversamente.
Assume l’incarico di Responsabile della “Escuela de Pilotos Emilio De Villota” e diventa portavoce impegnata di un comitato contro la violenza sulle donne.
Nel luglio successivo si sposa Rodrigo Garcia Millan, il suo personal trainer.
Pochi mesi dopo, ad ottobre è prevista l’uscita della sua autobiografia.
“La vida es un regalo”.
Si, la vita è un regalo e Maria, come ha sempre fatto, pare apprezzarne ogni momento.
Il 14 ottobre a Siviglia è prevista la presentazione del suo libro.
Maria non ci arriverà.
Il suo corpo senza vita verrà ritrovato la mattina del giorno 11 ottobre in un albergo di Siviglia.
Maria se ne è andata nel sonno.
“A causa dei danni neurologici subiti nell’incidente di un anno prima” diranno i medici.
La sorella Isabel, la prima a comunicare la notizia, rafforzerà il sentimento e il messaggio che Maria aveva trasmesso a tutti quanti in questo difficile anno.
“Maria se ne è andata, ma ci ha lasciato un chiaro messaggio di speranza e di gioia che ci sta regalando una grande forza per andare avanti in un momento come questo”.
La vita è un regalo aveva intitolato la sua autobiografia Maria … un regalo che le è stato portato via troppo presto.