di RENATO VILLA
Questa è una sera dolorosa, nella quale le stelle si spengono tristi sulla Ville Lumière.
Il fumo di una sigaretta sembra nebbia.
Nel cielo passano immagini e ricordi, e lungo le strade parigine c’è qualcosa di strano, qualcosa che lascia l’amaro in bocca.
Qualcosa di triste.
La gente è stupefatta, la notizia è quasi incredibile.
Era ancora giovane, per morire così.
Perché questa è la storia di una stella cadente.
*
Charles era seduto di fronte a me, in un bistrot di Pigalle.
Parlavamo ovviamente del film, di quel film che avevamo girato assieme qualche anno prima, e dei progetti, o meglio, del progetto che avevo in testa.
Gli dissi che mi avrebbe fatto piacere lavorare ancora con lui, in quella che doveva essere la fine di un trittico, di un percorso.
Lui fece la sua classica espressione pensosa, e mi disse che se ne sarebbe parlato di lì a non molto, davanti ad un bicchiere in qualche altro locale.
E, comunque, era sicuro che se avesse partecipato sarebbe stato un successo.
*
Il ragazzino ribelle che scivolava tra le luci del coprifuoco, in mezzo alla Parigi coinvolta nella seconda guerra mondiale, per rubare le locandine e le foto dei film, era cresciuto.
Cominciava ad avere idee, pensieri, e un padre che non era suo padre.
E cominciò a scrivere, a scrivere sulla più prestigiosa rivista cinematografica di Francia.
Les Cahiers.
Ma la sua idea era sempre la stessa: quella di essere il giudicato e non il giudice.
Perché, diceva, “i critici sono registi falliti”.
*
La Croisette era affollata come al solito, in quella serata di maggio fine anni cinquanta.
Il giovane regista passeggiava tranquillo, come se non avesse avuto notizia di quello che stava per accadere.
Sembrava che non si curasse del successo del suo film, e che pensasse che, in fondo, c’era gente più meritevole di un neppure trentenne nel ricevere la Palma d’Oro.
Poi, ad un c erto punto, si girò ed andò a cercare un mezzo per tornare in albergo.
Non sarebbe certo toccato a lui vincere, si disse, e si avviò verso un taxi.
*
La ragazza sgranò gli occhi alla proposta.
Non le era ancora toccata una parte così importante.
Protagonista.
E non la parte di una donna.
La parte “della” donna.
Catherine.
Annuì.
Poi, con uno sguardo saettante, chiese: “Quando si comincia?”
*
L’ex ragazzino ribelle, ora regista di valore, richiuse il libro.
Ne era rimasto impressionato.
Sarebbe stato da farci un film sopra, si disse.
Poi riprese il testo tra le mani, lo coccolò, lo sfogliò e cominciò a rileggerlo.
C’erano tanti punti interessanti, in quel libro, pensò.
Così provò a tirare giù una base di storia, e si premurò di fare in modo che arrivasse all’autore.
Sapeva che non era facile, ma doveva provarci.
Perché, se ci fosse riuscito, quello sarebbe stato il film che l’avrebbe lanciato in grande stile, definitivamente, anche davanti a quello che era il grande pubblico.
In fondo, quel libro parlava di tutto.
Non era solo un libro di fantascienza, ambientato in un’epoca diversa da quella nella quale lui viveva.
Era un libro che trasmetteva messaggi.
Proprio quello che lui voleva fare.
*
Quella sera sarebbe stato ospite d’onore alla cerimonia cinematografica più importante del mondo. La premiazione degli Oscar.
Gli spettava ricevere uno dei premi più ambiti nel mondo del cinema, ed il fatto che a consegnarglielo fosse il suo grande amico e Maestro Alfred Hitchcock lo rendeva teso come non era mai stato.
E sapeva che, nonostante la lunga amicizia che lo legava al regista inglese, avrebbe dovuto mantenere il comportamento formale richiesto dall’ Academy.
Si rassegnò.
In fondo, ne valeva la pena.
*
Era passato qualche anno.
Le sue storie continuavano ad essere seguite, e l’idea che gli frullava in testa da tempo stava diventando sempre più insistente.
Cinema, teatro. Mancava la musica.
L’ultimo tassello.
La fine del percorso, iniziato una decina di anni prima e al quale voleva dare una degna chiusura.
Ma non sapeva se sarebbe mai riuscito a girare quel film.
Sapeva però che si sarebbe acceso un’altra sigaretta.