di REMO GANDOLFI
“Non ho il talento di Gustav.
Questo lo so benissimo.
Non ho la sua fluidità e non ho quell’eleganza che gli permette di girare intorno alle porte di un “gigante” quasi senza sforzo … o quell’agilità che gli permette di accarezzare i pali di uno “slalom” senza quasi sollevare spruzzi di neve.
Gustav è così delicato.
Quasi non volesse fare del male a quegli ostacoli di plastica disseminati lungo il percorso.
Io non ho queste doti.
Io non sono così bravo.
Io, con questi ostacoli, ci faccio la GUERRA.
Li aggredisco, li attacco, li colpisco … vorrei quasi mangiarmeli.
Io, per arrivare davanti, li devo odiare quegli ostacoli.
Tra il cancelletto di partenza e lo striscione d’arrivo sono semplicemente i “nemici” che devo sconfiggere per poter tagliare il traguardo nel minor tempo possibile.
In “discesa” è la stessa cosa.
Anzi, è ancora peggio.
So benissimo che se voglio vincere devo rischiare più di tutti gli altri.
Ho sempre fatto così.
Non sono mai cambiato.
Neppure quando da ragazzo andai a fracassarmi le ossa contro un palo di uno skilift.
Avevo i polmoni perforati e a casa mia c’era già il prete pronto per l’estrema unzione.
Invece sono ancora qua.
E non ho cambiato di una virgola il mio modo di sciare.
Se “ragionassi” di più come chiedono i tanti “esperti” spuntati come funghi da quando Gustav, Piero, Helmut, Tino, Rolando ed io abbiamo rimesso l’Italia nella mappa dello sci mondiale, arriverei 10mo o forse 15mo … se va bene.
Che senso avrebbe ? Chi si ricorda di quello che arriva 15mo?
Per cui continuo a buttarmi giù senza fare calcoli, perché se arrivo in fondo so che non sarò lontano dai primi.
Anche se si chiamano Thoeni, Gros, Klammer, Hinterseer, Collomben o Neureuther.
Sul podio di sono già salito ma non mi basta.
Finché non sarò sul gradino più alto non mi darò pace.
“Ma così facendo non vincerai mai una Coppa del Mondo” continuano a ripetere i “santoni” di cui vi raccontavo prima. “Contano anche i piazzamenti e bisogna per forza fare dei calcoli e ragionare” … sempre loro, fino alla noia.
Mi spiace amici miei … ma io non sono mica un ragioniere.
Io sono ERWIN STRICKER … e mi chiamano “CAVALLO PAZZO”.
Erwin Stricker nasce a Matthighofen, in Austria, il 15 agosto del 1950.
La famiglia si trasferisce ben presto a Bressanone, dove Erwin cresce e sviluppa da subito un grande amore per la montagna e soprattutto per lo sci alpino.
A 17 anni, alla sua prima gara ufficiale, si piazza al secondo posto mettendo subito in mostra tutte le sue doti.
Erwin è convinto che quella sarà la sua strada e che lo sci diventerà la sua professione.
Dopo una serie di vittorie a livello locale Erwin prende una decisione che gli cambierà la vita: nell’estate del 1968 si trasferisce allo Stelvio, dove all’epoca si allenavano praticamente tutti i migliori sciatori italiani e non solo.
Erwin però non va allo Stelvio solo per sciare.
Semplicemente perché economicamente non può permetterselo.
Va allo Stelvio a fare il cameriere ma sa benissimo che nelle ore libere dal lavoro avrà la possibilità di scendere spalla a spalla con tutti quei campioni che allo Stelvio si allenano in vista della stagione invernale di sci alpino.
E’ qui che Erwin Stricker si imbatte in due giovanotti di belle speranze.
Qualcuno dice che saranno il futuro dello sci italiano.
Sono cugini, sono nati da quelle parti e sugli sci ci sanno fare davvero.
Si chiamano Gustav e Rolando.
Di cognome fanno THOENI.
Erwin li segue, li studia, li tampina e inizia a scendere con loro.
Parla lui per tutti.
Visto che Gustav e Rolando sembrano quasi sordomuti.
Anzi, di casino Stricker ne fa proprio tanto.
Giù dagli sci ma anche sopra gli sci.
Finisce per metterseli dietro più di una volta in allenamento … tanto da attirare l’attenzione dei tecnici della squadra azzurra, del “guru” Mario Cotelli in primis.
Lo contattano, gli parlano della Coppa Europa, dove Erwin potrà “farsi le ossa” e dimostrare se ci sa fare davvero con gli sci come con la lingua.
Tutti i sacrifici fatti sembrano finalmente ripagati.
Nello sci che “conta” pare ci sia un posto anche per Erwin Stricker.
Il destino, come spesso accade, ha altri progetti.
C’è ancora un po’ di luce in quel pomeriggio alpino ed Erwin si appresta a lanciarsi nell’ultima discesa della giornata prima di togliersi gli sci e tornare a servire i turisti al ristorante dove lavora.
Erwin sta scendendo verso il Passo Stelvio lungo la pista servita dalla funivia che porta al Pirovano quando un attacco di sicurezza di uno sci si apre improvvisamente.
Erwin perde l’equilibrio e va a schiantarsi contro un pilone dell’impianto di risalita.
Rimane a terra svenuto.
Per sua fortuna sulla pista c’è ancora qualche impavido sciatore nonostante il tramonto sia abbondantemente iniziato.
Erwin viene soccorso e trasferito all’ospedale di Bormio.
Le sue condizioni sono disperate.
Le lesioni interne sono gravissime, quasi senza speranza.
Alcune costole hanno perforato i polmoni dando il via ad una emorragia interna.
Erwin lotta tra la vita e la morte per diversi giorni.
Poi si riprende.
Servono mesi per assorbire completamente i danni provocati dalla caduta.
Così almeno dicono i medici …
Poche settimane dopo Erwin riprende ad allenarsi.
Palestra, piscina e corse nei boschi del suo amato Trentino.
E quando tutti lo pensano ancora in convalescenza se lo ritrovano invece in pista con gli sci ai piedi.
Da allora, per tutti, Erwin Stricker diventerà “CAVALLO PAZZO”.
L’anno successivo, il 1969, farà il suo esordio in Coppa del Mondo.
Per un paio di stagioni sarà soprattutto in Coppa Europa dove Erwin correrà per “farsi le ossa” (a rompersele, le ossa, ci penserà lui stesso più volte negli anni successivi !)
All’inizio sembra particolarmente dotato fra i pali stretti dello slalom, ma se la cava bene anche in gigante.
Solo che Erwin ADORA la velocità e la discesa libera lo attrae in maniera irresistibile.
Sarà però in slalom e nientemeno che a Kitzbuhel che arriverà per Erwin il primo importante piazzamento in Coppa del Mondo: un decimo posto.
Siamo nel 1972.
Le sue prestazioni in quella stagione gli valgono la chiamata nel quartetto azzurro di slalom per i Mondiali di Sapporo dello stesso anno.
Nella prova iridata Erwin si lancia come una belva scatenata fra i paletti stretti dello slalom ma dopo un eccellente avvio “inforca” e viene squalificato.
Saranno le Olimpiadi di Gustav Thoeni, oro in gigante e argento in slalom dietro al sorprendente Francisco Fernandez Ochoa, spagnolo.
Siamo però entrati negli anni della celeberrima “valanga azzurra”.
Quelle fantastiche stagioni dove lo sci entrò prepotentemente nelle case degli italiani e dove era praticamente impossibile non vedere in ogni gara un azzurro finire sul podio.
Gustav Thoeni e Piero Gros erano i due fenomeni dello sci italiano ma dietro di loro c’erano altri atleti di grande talento come Helmut Schmalzl, Tino Pietrogiovanna, Rolando Thoeni, Herbert Plank, Fausto Radici e ovviamente lui, “Cavallo Pazzo”.
L’apoteosi per questa grande squadra arriva nel gennaio del 1974.
Nel gigante disputato sulle nevi tedesche di Berchtsgaden ai primi 5 posti di sono solo atleti italiani.
Erwin è sul podio, dietro Piero Gros e Gustav Thoeni. Schmalzl e Pietrogiovanna completano il pokerissimo.
Per Erwin è in realtà il secondo podio della carriera in Coppa del Mondo.
C’era già salito nel marzo dell’anno precedente, stavolta in slalom e su un gradino ancora più prestigioso.
Il 1974 sembra l’anno della definitiva consacrazione per Stricker.
Il suo modo di sciare non è mai cambiato di una virgola.
Aggressivo, irruento e temerario.
Ma c’è finalmente quel briciolo di attenzione in più che gli permette di concludere un maggior numero di gare e di raccogliere così preziosi piazzamenti rispetto al passato dove faceva magari “pezzi” di manche strepitosi per poi inforcare un paletto (in slalom) o schiantarsi contro le protezioni (in discesa).
E’ diventato uno specialista della “Combinata”, quella disciplina che premia l’abilità sia in slalom speciale che in discesa libera assegnando punti agli sciatori più duttili e poliedrici, sommando i tempi ottenuti nelle due discipline.
In Coppa del Mondo in quella stagione Erwin chiuderà con un eccellente sesto posto finale.
Durante la preparazione alla stagione successiva però la dea bendata torna a voltare le spalle al nostro “Cavallo Pazzo”.
Erwin cade rovinosamente in discesa libera.
Viene operato all’ospedale di Bressanone.
Si frantuma i legamenti del ginocchio.
I tempi di recupero sono lunghi.
Erwin, testardo, cocciuto e determinato, non molla.
Rientra l’anno successivo.
Ottiene qualche buon risultato, soprattutto in Combinata, ma a tutti appare evidente che Erwin non è più quello di prima.
Il suo canto del cigno è il trionfo ai campionati italiani di discesa libera a Limone Piemonte.
Erwin Stricker, che nella stagione precedente era stato capace di qualcosa che in passato era riuscito solo a due autentici “monumenti” dello sci alpino: Karl Schranz e Jean-Claude Killy.
Entrare cioè nel primo gruppo di merito (i primi 15) in tutte e tre le specialità dello sci alpino. (Discesa libera, slalom gigante e slalom speciale).
Nel 1976, a soli 26 anni e potenzialmente nel periodo migliore per un atleta, Erwin Stricker è costretto al ritiro.
Troppo orgoglioso per vedersi superato da atleti che solo pochi mesi prima gli arrivavano dietro di parecchi decimi di secondo.
Erwin Stricker però è un fiume in piena di travolgente energia ed estro.
S’inventa innovatore e imprenditore.
Le sue attività riscuotono il successo che quest’uomo geniale, vulcanico e amato da tutti, merita appieno.
Sue molte delle intuizioni che hanno facilitato prima la professione dei suoi colleghi in coppa del mondo (le ginocchiere, il bastone “aquilino” per la discesa e il casco aerodinamico) e quelle dei semplici appassionati in seguito.
Sua l’idea del “Rent & Go”, una rete di strutture per il noleggio di attrezzature per lo sci presenti praticamente su tutto l’arco alpino.
Poi c’è l’amore per il suo Trentino che lo porta a fare da ambasciatore in giro per il mondo promuovendone le varie specialità e la cultura.
Non ultimo, l’amore per le auto d’epoca, che Erwin colleziona con passione.
Un vulcano insomma.
Ma il destino che tanto lo ha perseguitato sulle piste di sci pare proprio non voler mollare la presa su di lui.
Si ripresenta ad Erwin nella forma più spietata possibile: un tumore al cervello che lo strapperà all’amata Linda e ai suoi adorati Mina e Tim nel settembre del 2010, quando Erwin Stricker ha da poco compiuto 60 anni.
Una vita sempre al massimo, aggredendo ogni singolo giorno con lo stesso coraggio e la stessa determinazione con la quale affrontava i paletti di uno slalom o il tracciato di una discesa.
… perché Erwin Stricker, per tutti “Cavallo Pazzo”, ha vissuto si solo 60 anni …
Ma l’intensità con la quale gli ha vissuti ne valgono almeno 120 di una persona normale.
Infine un piccolo aneddoto che riassume Erwin Stricker e la sua filosofia meglio di qualunque altro.
E’ il 1974, l’anno d’oro di Erwin.
Ci sono i campionati mondiali a St. Moritz.
Si corre lo slalom speciale.
Erwin, piazzatosi sesto in gigante e diciassettesimo in discesa libera, ha praticamente in pugno il titolo Mondiale della Combinata.
Deve in pratica solo arrivare in fondo allo slalom.
Ma fare calcoli non è da Erwin Stricker.
Si lancia tra i paletti dello slalom come chi non ha nulla da perdere, alla ricerca di un risultato di prestigio.
… ovviamente inforca.
Il titolo mondiale di combinata andrà a Franz Klammer, il meraviglioso discesista austriaco … che però in slalom speciale scendeva con l’eleganza e l’agilità di un paracarro …
Giusto come al solito precisare che la parte raccontata in prima persona è da me totalmente “romanzata” ma basata su tante interviste, racconti, articoli su Erwin Stricker… lo sciatore che amavo da bambino e che ogni volta che cadeva o inforcava una porta (e sono state tante !) per il sottoscritto erano sempre lacrime inconsolabili …
Riposa in pace “Cavallo Pazzo”.
Vero verissimo ; comunque un vero cavallo di razza ” semplice non ha mai ” mollato ” 😎😎
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Grazie x i tuoi racconti che non sapevo.
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