IL MURO E LA COCCINELLA

di CRISTIAN LAFAUCI

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Secondo il Talmud , uno dei testi sacri della religione ebraica , ogni epoca conosce 36 uomini dalla cui condotta dipende il destino dell’umanità , uomini che anche nei momenti più bui e nefasti della storia , con le loro azioni permettono che il mondo non sprofondi irrimediabilmente nelle tenebre ; questi uomini vengono chiamati ” giusti ” . La vicenda che andremo a raccontare non coinvolge il popolo ebraico , ma il termine pare davvero appropriato nei confronti di ciò che i due protagonisti hanno compiuto . Lo scenario è la Jugoslavia d’inizio anni 90 ; Tito , l’unico uomo capace di tenere insieme questi popoli , è morto nel 1980 , da allora è stata una lenta escalation che ha soffiato sul fuoco dei vari nazionalismi regionali , fino a portare nel 1991 , l’apertura delle ostilità militari , facendo sprofondare il paese in una sanguinosa guerra civile . Prima la Slovenia , poi la Croazia e quindi la Bosnia , ormai tra i vicini di un tempo ci si spara , il passato , anche se così recente , sembra essere svanito , ha fatto posto all’odio cieco e totale ed alla violenza brutale e indiscriminata .

Questo clima di follia non ha risparmiato nessuno , dalla gente comune a persone famose e conosciute , persino Drazen Petrovic e Vlade Divac , celebri e titolati campioni di basket che vinsero tutto sotto le insegne della Jugoslavia unita ed erano legati da una profonda amicizia , ormai non si rivolgono neanche più la parola . Per Drazen , di origine croata , Vlade non è più quel fraterno amico che era fino a poco tempo prima , ma è soltanto un serbo , quindi un nemico . Sarajevo prima della guerra era considerata un’isola felice , perfetto esempio di integrazione tra le varie etnie che si trovavano in Bosnia ; fiore all’occhiello dell’utopia creata da Tito , la gente raccontava che contemporaneamente si poteva sentire il suono delle campane di una chiesa , proprio mentre i mussulmani si recavano alla moschea per la preghiera . Ora quella Sarajevo non esiste più , ma è diventata una città sotto assedio , si combatte per le strade e ci sono cecchini ovunque . Chi ha potuto è scappato , mentre per chi è rimasto la vita è durissima , anche andare a fare la spesa o uscire a prendere una semplice boccata d’aria può voler dire restare coinvolti in uno scontro a fuoco tra opposte fazioni , o essere colpiti da una granata , ma anche finire nel mirino di un cecchino .

Tuttavia , in quell’immenso dramma , due uomini decisero che la priorità era restare umani , fare qualcosa pur di marcare le distanze con la barbarie che imperversava intorno . Il primo si chiama Zdravko Grebo ex è un noto professore universitario di Sarajevo ; nell’inferno del ’92 , pochi mesi dopo l’inizio dell’assedio alla città , decide di fondare una stazione radiofonica indipendente , chiamata Radio Zid ( muro ) . L’intento è chiaro : oltre a tenere informata la popolazione civile su quanto avviene in città e nel mondo , oltre ad offrire un minimo di svago ed evasione con un poco di musica , si tratta anche di preservare una sorta di cultura urbana della città . Grazie all’aiuto di amici e di qualche membro delle nazioni unite presente sul posto, Zdravko e i suoi collaboratori riescono a reperire il materiale ed i supporti necessari per andare in onda . Nonostante la guerra , le bombe , la paura , ma anche gli inconvenienti tecnici come le interruzioni di elettricità , Radio Zid è sempre in onda , 24 ore su 24 , talvolta Zdravko e la sua squadra sono costretti a rischiare la loro incolumità tra le cannonate e i cecchini appostati pur di recarsi in radio , o devono dormire e restare in sede poiché tornare alle proprie abitazioni sarebbe troppo pericoloso , ma nessuno li smuove dal loro dovere , dalla loro missione ; stanno combattendo una personale guerra alla guerra , alla follia di quei giorni , con il loro contributo cercano di dare alla popolazione vittima quanto loro di quella bestialità , una speranza , una parvenza di normalità , il sapere che ci sta qualcuno come loro che non si rassegna a quell’orrore quotidiano .

Si parla di tutto attraverso i microfoni di radio Zid : dell’assedio a Sarajevo , della situazione in Bosnia , ma anche di ciò che avviene all’ estero , della vita di ogni giorno . Viene criticato quel nazionalismo responsabile di quella enorme tragedia umana che si sta vivendo , e neppure il presidente bosniaco Itzebegovic viene risparmiato da critiche . In poco tempo questa radio diventa un punto d’incontro virtuale , una sorta di quotidiana resistenza al terrore ; quando le linee telefoniche sono funzionanti la gente della città telefona , interviene , raccontano le loro storie , ed anche se l’assedio prosegue viene rotto l’isolamento , i cittadini sentono di non essere più solo , si fanno simbolicamente forza gli uni con gli altri . Spesso intervengono in collegamento artisti ed intellettuali che vivono in altri paesi dell’ormai ex Jugoslavia , e da questo punto di vista l’assedio è ormai rotto , a chi con le armi vuole dividere i popoli , gli uomini che agiscono con il cuore , il cervello e la cultura creano ponti , gli uomini liberi appunto vanno oltre i conflitti e cercano il dialogo , la discussione , il confronto e agiscono in termini di propositivita’.

Molti giornalisti e volontari stranieri che si trovano in città per seguire il conflitto , passano dalla radio portando solidarietà ma anche notizie e cd musicali , contribuendo così ad ampliare l’archivio sonoro di radio Zid . Musica , tanta musica , per evadere e non sentire il suono di bombe e proiettili , ma non solo . Nei mesi più freddi , quando i bambini non possono raggiungere le scuole , la radio improvvisa una sorta di scuola invernale virtuale grazie a microfoni ed etere ; anche l’Unicef da una mano all’idea creando un programma interamente dedicato a loro , dove appunto i piccoli abitanti di Sarajevo sono invitato negli studi a raccontare liberamente le loro esperienze di vita e a recitare poesie . L’emittente diventa un punto di riferimento anche per la scena musicale del posto , grazie ad essa si sviluppa e cresce un nuovo stimolo a fare musica , che sia rock , hip hop , grunge o punk poco importa , quello che conta è che anche se per poco , chitarre e amplificatori sostituiscono mitragliatrici e granate .

Diverse nuove band si ritrovano in cantine abbandonate o in rifugi antiaerei per provare e registrare i loro demo , addirittura tra loro ci sono ragazzi che si mettono a suonare durante le soste dai combattimenti in prima linea , quindi tutti si recano in radio a portare il proprio demo . Per dare visibilità al panorama musicale cittadino ma anche per dare un segnale , a Zdravko e al suo staff viene una folle e splendida idea ; nel gennaio del 1995 va in scena un concerto / festival dal nome emblematico : rock sotto l’assedio . Nonostante l’opera della radio sia invisa ai vari nazionalismi locali che hanno creato più di un problema a Grebo e ai suoi , l’emittente vanta anche tanti amici ed estimatori , tra cui diversi musicisti esteri simpatizzanti della causa che porta avanti con coraggio radio Zid . E soprattutto da oltre confine arriveranno quegli aiuti e supporti che permetteranno al festival di diventare realtà . Il successo della kermesse è enorme e dai racconti dei presenti emerge che nonostante problemi tecnici e coprifuoco , questo concerto ha rappresentato uno straordinario momento di catarsi collettiva e un forte messaggio politico degli abitanti di Sarajevo : a chi voleva dividere si è risposto stando uniti , oltre ogni differenza ; non si è trattato solamente di musica , ma ha rappresentato uno splendido atto di resistenza alla guerra .

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Il secondo uomo che con la luce del suo cuore spinse più in là l’oscurità di quei giorni , si chiama Predrag Pasic . Predrag a Sarajevo è nato , nel 1958 , è diventato un calciatore professionista , ha giocato nella squadra della sua città , poi in Germania nello Stoccarda e nel Monaco 1860 Predrag è stato anche parte della nazionale Jugoslava e con i plavi ha disputato il mondiale 1982 . Quando Sarajevo sprofonda nella guerra lui è li , un altro nei suoi panni non se lo sarebbe fatto ripetere due volte e avrebbe cercato scampo all’estero , magari un buon contratto come calciatore poteva ancora ottenerlo.. . Ma Predrag non prende neanche in considerazione questa ipotesi , è la sua terra e non ha fatto nulla di male , perché dunque scappare ? Ma proprio perché in fondo lui era nato e cresciuto in quella Sarajevo che aveva fatto di multietnicità e civile convivenza la propria bandiera , e dato che il calcio è il suo mondo , anche lui viene illuminato da una pazza e stupenda idea : fondare una scuola calcio per i bambini della città . Un modo per far evadere anche loro dalle aberrazioni del momento , aperta a tutti , etnie e divisioni restano fuori , in quello spazio ci saranno solo bambini che si divertono e giocano a calcio ; insieme .

 

Pasic paga di tasca sua perché per una settimana tramite radio e manifesti affissi sui muri rimasti in piedi , venga pubblicizzata la sua iniziativa . E il giorno in cui tutto doveva formalmente avere inizio , Pasic era davanti al cancello del campo sportivo , col rischio di prendersi un proiettile da qualche cecchino appostato nei dintorni , ad aspettare i bambini che avrebbero voluto unirsi al progetto del Klub Bubamara ( coccinella ) . Come disse lui stesso in seguito , già trovarsi davanti una decina o una dozzina di bambini da allenare sarebbe stato un successo e un incentivo , invece quel giorno di bambini ne arrivarono circa 300 ! Per motivi di sicurezza gli allenamenti si tenevano nella palestra attigua al campo e in cui Predrag veniva coadiuvato dai ragazzi delle giovanili del Fk Sarajevo . E mentre fuori la guerra non conosceva soste , in quella palestra quei bambini stavano idealmente gettando le basi del post conflitto , e si stavano dando , come è giusto a quell’età , una possibilità insieme , senza differenze ne astio .

Non era facile per nessuno , ne per Pasic che ricevette diverse minacce dai vari nazionalisti che imperversavano nell’area e che mal digerivano chi cercava di unire là dove loro stavano dividendo . Neanche per i bambini del Bubamara fu semplice , infatti per andare ad allenarsi dovevano attraversare ( e lo fecero ogni volta tutti insieme , in gruppo ) un ponte sotto il tiro di mortai e cecchini . Ma qui avvenne il cosiddetto miracolo sportivo , e mai termine fu più azzeccato ; Pasic poté portare avanti il proprio compito , e i piccoli allievi della scuola calcio poterono sempre giungere agli allenamenti e a casa sani e salvi .

Finalmente , nel 1996 , dopo lo smisurato tributo di sangue e sofferenze sulla popolazione , l’assedio di Sarajevo ebbe termine . La situazione con fatica e difficoltà andò poco alla volta normalizzandosi in Bosnia e , pur tra i segni sia tangibili rimasti nella città , che quelli altrettanto indelebili nella memoria della gente , a gradi si ritornò ad una parvenza di normalità . Oggi Sarajevo è una città che pur non avendo affatto scordato le brutalità del recente passato , cerca di guardare avanti e si sta in un delicato equilibrio , riprendendo . Ma ad esempio tra le numerose iniziative di resistenza civile e culturale nate sulla scia di radio Zid , ancora oggi troviamo il Sarajevo film festival , una tra le più interessanti ed apprezzate rassegne cinematografiche europee .

E chi segue il calcio conoscerà sicuramente Edin Dzeko , ottimo attaccante di Manchester City e Roma , tra i più validi in campo internazionale ; Edin è stato uno dei bambini cresciuti nella scuola calcio del Bubamara . Alla fine quindi chi sono Zdravko Grebo e Predrag Pasic ? Qualcuno potrebbe dire eroi , e probabilmente avrebbe ragione…. magari però loro due sarebbero i primi a ridimensionarsi e a definirsi come due semplici uomini nati e vissuti in una Jugoslavia unita , dove non vigevano le spinte fratricide che portarono alla tragedia sotto gli occhi di tutti ; ma dove il motto era : ” Bratstvo i Jedinstvo ” , fratellanza e unità , appunto.

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Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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