di MASSIMO BENCIVENGA
Esiste qualche appassionato di sport che non si è mai cimentato nel tentativo di fare delle
classificazioni?
Dopotutto, cosa sono i record se non classificazioni di ricordi di imprese da provare a superare?
Se tali esercizi mentali sono difficili all’interno di una stessa sport, figuriamoci quali dispute e quali battaglie di eventi ed immagini si scatenerebbero dentro di noi se volessimo scegliere
l’atleta del secolo scorso pound for pound, come dicono i pugili, ossia senza distinzione di peso, ergo senza distinzione di sport.
Sono relativamente sicuro che verrebbero fuori nomi come: Michael Jordan, Wilt Chamberlain,
Bjorn Borg, Mark Spitz, Pelè, Diego Maradona, Eddie Merckx, Muhammad Alì, Rod Laver,
Wilma Rudolph, Juan Manuel Fangio, Tazio Nuvolari, Carl Lewis e così via. Forse anche il
nostro Lorenzo Bernardi.
Eppure, per Re Gustav V di Svezia e per Dwight Eisenhower, eroe della WWII (ossia della
Seconda Guerra Mondiale) e Presidente Usa prima di J.F. Kennedy, il problema del più grande atleta del ‘900 quasi non si poneva.
Per il Re e per il Presidente Usa, l’atleta del secolo si chiamava Jim Thorpe, nato Franciscus Jacobus Thorpe, e prima ancora Wa-to-Huk, ossia “sentiero lucente” in lingua algonchina, la nazione nativa cui apparteneva perlomeno per tre quarti di sangue. Venne chiamato così perché si racconta che un raggio di sole illuminò la capanna dove nacque il povero nativo
indiano che venticinque anni dopo avrebbe stretto la mano a Re Gustavo V di Svezia.
In tutta onestà, non so dire con esattezza il momento esatto in cui sentii parlare per la prima volta di Jim Thorpe, né tantomeno ricordo chi fu a farlo. Gli indizi mi porterebbero verso uno tra Dan Peterson e Rino Tommasi, ma davvero non ricordo chi devo ringraziare.
Fatto sta quel nome mi ronzava in testa continuamente: un pellerossa che era stato anche un atleta straordinario. Capite bene che la cosa stuzzicava la fantasia del ragazzino appassionato di sport che ero.
E che forse son rimasto.
Chi è stato e cosa abbia rappresentato Jim Thorpe è qualcosa avvolto nebbia del tempo;
abbiamo, nella migliore delle ipotesi, resoconti di seconda mano. E forse è meglio così, forse è giusto che l’alone di leggenda che circondò Jim Thorpe in vita resista all’attacco dei bit capaci di immagazzinare e memorizzare per sempre ogni informazione.
A dirla giusta, non si conosce con esattezza la data ed il luogo di nascita di Jacobus “Jim”
Franciscus Thorpe. La data ipotizzata è Maggio 1887 ed il luogo Prague, cittadina
dell’Oklahoma.
Se la nascita fu sfolgorante, perlomento simbolicamente, e i nativi davano molta importanza a simili segni, la sua infanzia fu tutt’altro che dorata.
Ebbe una infanzia difficile, a otto anni perse il suo fratello gemello e poco dopo anche la madre.
Lutti difficili da elaborare per chiunque, e Jim non fece eccezioni. A questi traumi seguì una adolescenza travagliata, ma da questi problemi Jim se ne tirò via a forza viva attraverso lo sport.
Perché Jim Thorpe non era un uomo qualunque, non era un atleta qualsiasi.
Era un superman.
Da ragazzino e da adolescente fece mille lavoretti e si racconta che, mentre faceva il
mandriano, si ritrovò a gareggiare, quasi per scherzo, in una competizione studentesca.
Jim Thorpe sbaragliò tutti saltando 1,75 m nel salto in alto, con addosso i pantaloni normali perché non aveva i calzoncini.
Era il 1907, e la Leggenda di Thorpe iniziò così.
Sia come sia, il padre trovò i soldi per mandarlo all’Università di Carlyle in Pennsylvania, che all’epoca aveva anche un programma per educare i nativi ai modi, ai codici etici e morali degli Stati Uniti.
Facciamo un passo indietro. Cosa c’entra Dwight Eisenhower citato sopra?
All’università Thorpe gareggiò un po’ in tutti gli sport. Un coach lo vide e gli propose di provare a giocare a football come running back.
Thorpe rispose portando di peso la sua scuola alle finali nazionali di football. Ed è a una partita di football che facciamo risalire la sua conoscenza con il futuro eroe militare e Presidente. In un dato momento, in realtà una partita che ha una sua storicità, l’Università di Thorpe, la Carlyle, si ritrovò ad affrontare su un campo di football la squadra di West Point, fucina dei futuri ufficiali dell’esercito a stelle e strisce, e dove per l’appunto giocava anche il cadetto Eisenhower.
In quella partita Thorpe marcò il territorio tra i grandi giocatori e gli esseri dominanti. La partita finì 27-8 per Carlyle. 22 dei 27 punti di Carlyle furono palle e terra messe dal nativo, che si prese l’uggiola di fare un touchdown da 97 yard. All’università Thorpe si disimpegnava alla grande anche nell’atletica e nel baseball, mentre fuori dall’ateneo mostrò anche buone doti dicavallerizzo, di domatore di tori e cavalli e persino qualità da ballerino.
E così si arrivò alle selezioni per le Olimpiadi svedesi. I trials, anche se dubito che ai tempi la selezione si chiamasse così. In ogni caso, denominazione a parte, son sempre state competizioni dure, a volte vere con un valor medio maggior delle rassegne a cinque cerchi.
Jim Thorpe, localmente abbastanza famoso, ma non ancora una star nazionale, si presentò concorrendo per le del pentathon. Il Pentathlon moderno corrisponde alle cose che dovrebbe saper fare un ufficiale militare, quindi: corsa, equitazione, scherma, nuoto e tiro a segno. Quello del 1912 comprendeva invece: salto in lungo, lancio del giavellotto, 200 m piani, lancio del disco e 1500 m. Ovviamente fu scelto.
Ma c’era anche un’altra specialità che stuzzicava il nativo, una sorta di decathlon ante litteram che all’epoca chiamavano All Around. Va detto che anche in questo caso il programma olimpico cambiò alcune prove dell’All Around cercando di adattare queste prove in modo che richiamassero in maniera più marcata la tradizione europea. E il sistema di misurazione europeo.
Vennero, solo per dare qualche esempio, soppresse le prove di salto triplo e della marcia e siconvertirono yarde e libbre in metri e chilogrammi.
Sì, ma tutto ciò… quanto poteva essere diverso per un Superman?
Jim Thorpe a Stoccolma 1912 partecipò anche alle gare di salto in alto, dove si classificò
quarto, e di salto in lungo, laddove invece finì settimo.
Ma nelle gare multiple, nel pentathon e nel decatlon, non ce ne fu per nessuno.
Nessuno.
Sentiero Lucente stravinse i concorsi con largo margine. Nel pentathon vinse tutte le gare tranne il lancio del giavellotto, dove arrivò solo terzo. Nel decathlon vinse quattro concorsi su dieci.
Alla premiazione, Re Gustav V disse: “Signore, Lei è il più grande atleta del mondo”. Al che Jim, candidamente e laconicamente, rispose: “Grazie, Re”.
Nel pentathlon moderno (non quello in cui vinse l’oro Thorpe) di Stoccolma gareggiò anche un altro importante generale americano: il futuro generale Patton. Abbastanza ironicamente, non riuscì a conquistare una medaglia perché andò male male nella gara di tiro. In ogni caso, Jim oscurò tutti, anche il nume tutelare hawaiano Duke Kahanamoku.
Il ritorno di Thorpe fu degno d’una star, al punto che fu festeggiato con una grande parata a Broadway.
Ma le stelle cadono, si spengono. E quella di Thorpe fu spenta a forza. E forse artatamente.
All’epoca vigeva la regola olimpica che considerava professionisti gli atleti che ricevevano premi in denaro, che facevano gli istruttori o che avevano in precedenza gareggiato contro professionisti. I professionisti non potevano partecipare alle Olimpiadi. In alcuni casi, come nella scherma, c’erano due concorsi: uno per i dilettanti, diciamo così, e uno per i maestri di scherma.
E sull’equivoco dilettante/professionista incapparono alcuni nostri connazionali agli albori delle moderne olimpiadi.
Ma che c’entra Thorpe? Nel gennaio del 1913, i giornali americani riportarono la notizia che Thorpe aveva giocato a baseball da professionista. Il CIO chiese indietro le medaglie. Thorpe fu mal difeso, forse fu anche mal consigliato, perché aveva sì giocato a livello semi-professionistico in Carolina del Nord nel 1909 e nel 1910, per un piccolo compenso in denaro, ma era altrettanto vero che il regolamento delle Olimpiadi del 1912 prevedeva che qualsiasi protesta dovesse essere fatta entro 30 giorni dalla cerimonia di chiusura dei Giochi. E non quasi sei mesi dopo.
Fatto sta che Thorpe restituì le medaglie e cominciò a giocare a Baseball e a Football
americano, favorito anche dal fatto che gli sport si giocavano in stagioni diverse. Nel baseball in particolare spuntò contratti davvero faraonici per i tempi, mentre fu anche capo della Lega di Football.
Dopo la parentesi sportiva, e non avendo mai del tutto digerito lo scippo olimpico, non fu più lo stesso, cominciò a bere, un vizio che sembra endemico per i nativi, e si ridusse a fare le comparse nei film western. Si sposò e separò più d’una volta, infine, povero in canna, vendette per poche lire le royalties per un film sulla sua vita. La pellicola uscì nelle sale nel 1951 con il titolo Pelle di Rame, con Jim Thorpe impersonato da Burt Lancaster, mica uno qualsiasi.
Povero e solo, morì d’infarto in una roulotte a Lomita, California, nel 1953
I figli portarono avanti la causa del padre, al fine di far riammettere il nome del padre nelle classifiche olimpiche e riabilitarne il nome e la memoria.
Il 18 gennaio 1983, a Los Angeles, il presidente del CIO Juan Antonio Samaranch riabilitò Jim Thorpe e riconsegnò le medaglie alla famiglia; e il 30 Gennaio 1998, gli Usa emisero un francobollo commemorativo da 32 cents nel quale Jim Thorpe viene ricordato come la Stella di Stoccolma.