ALAN TURING: Il genio che correva come il vento.

di MASSIMO BENCIVENGA

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Questa storia ha un primo stop il 7 Giugno del 1954, quando un uomo venne rinvenuto morto, probabilmente suicida.

Unico indizio: una mela morsicata, probabilmente avvelenata.

L’uomo non amava molto Shakespeare, a parte l’Amleto, ma si commuoveva sempre alla favola di Biancaneve.

 

Il film, il nastro di questa Storia ha una sua ripresa nel 2009, quando Gordon Brown, Primo Ministro del Regno Unito, disse alla fine di un discorso: «Così, per conto del governo britannico, e di tutti coloro che vivono liberi grazie al lavoro di Alan, sono orgoglioso di dire: ci dispiace, avresti meritato di meglio.»

Il nastro della Storia accelera e la Regina, Elisabetta II, nel 2013, concede una grazia postuma allo stesso Alan citato nel discorso diBrown. Grazia concessa, va detto, che incontrò una certa resistenza, benché tra i primissimi firmatari figurasse Stephen Hawking.

Infine, ma non è ancora finita, almeno credo, dal 2019 la faccia di questo Alan campeggia sulle banconote da 50 sterline emesse dalla Bank of England.

Ma adesso balziamo nei primissimi anni del Secondo Dopoguerra, per andare a leggere, sulle righe del mensile Athletic, il futuro Athletics Weekly, queste parole: «L’atleta del Walton è lo stesso dottor Turing che ha creato la macchina che pensa.»

I compagni e i dirigenti del Walton rimasero di sasso: loro non sapevano cosa facesse né tantomeno che il loro tesserato sarebbe stato in seguito definito da Churchill come l’uomo che diede il più grande contributo soggettivo alla vittoria della Seconda Guerra Mondiale.

Più grande contributo soggettivo alla vittoria della Seconda Guerra Mondiale.
Suona bene, non trovate?
Era forse stato, Alan,  l’uomo che aveva cominciato a rischiare l’ora più buia?
Romantico, nevvero?

Adesso caliamo la maschera e diciamo che stiamo parlando di Alan Turing che, con i suoi collaboratori, nella magione di Bletchey Park, partecipò come punta di diamante dell’Impero alla più grande impresa di spionaggio della storia: la decifrazione dei messaggi navali usati dagli U-Boot tedeschi durante il secondo conflitto. Messaggi codificati con la macchina Enigma. Una sua geniale intuizione permise la creazione, intorno al 1943, del dispositivo elettromeccanico chiamato Colossus, decisivo per dare una svolta al conflitto con il tracciamento e lo snidamento dei branchi di lupi, com’erano etichettati i sottomarini nazisti.

 

Terminata la Guerra, il nostro Alan ottenne, in gran segreto naturalmente, l’Ordine dell’Impero Britannico, per i servigi resi.

Tutto ciò, i servigi resi alla Corona, sarebbero stati resi noti molto dopo, e questa segretezza fu parte decisiva del suo dramma.
Ma torniamo all’articolo del Athletic; cos’è questa storia di un runner che ha creato la macchina che pensa?

 

Nato nel 1912, Alan Turing nacque essenzialmente matematico, talmente e così matematico da fallire l’accesso ai corsi di matematica del King’s College della Cambridge University. Falli quell’ammissione perché aveva usato una notazione formale di sua invenzione: in soldoni, era stato escluso perché non l’avevano capito. L’anno dopo, usando la notazione standard, fu ammesso tranquillamente. Durante gli anni al King’s, Turing si dedicò alla corsa e anche al canottaggio. Non abbiamo prove che portò al college anche il gioco che faceva da adolescente, e che consisteva nel giocare e scacchi e correre. Funzionava così: un giocatore muoveva un pezzo degli scacchi e poi partiva di corsa per fare il giro della casa; se al suo arrivo l’avversario non aveva ancora eseguito la propria mossa, ciò gli dava diritto di muovere nuovamente. Amava gli scacchi Turing, ma a Bletchey Park c’era un crittografo che giocava contro di lui e lo batteva regolarmente: due volte a partita. Questo tizio, una volta messo alle corde Alan, ruotava la scacchiera e continuava a giocare con i pezzi di Alan. Rimontando e vincendo.

Pur essendo un matematico di prim’ordine, al punto che dimostrò in maniera indipendente il teorema del limite centrale, che non porta il suo nome perché già dimostrato da Lindeberg, Alan amava le macchine (in senso lato non le auto), i marchingegni e le cose pratiche.

Ed ebbe intuizioni fulminanti e sempiterne.

A 24 anni, nel tentativo di dimostrare o confutare l’Entscheidungsproblem, il problema della decisione di Hilbert, ossia se fosse o meno possibile costruire un algoritmo, cioè una serie di istruzioni, che permetta di stabilire se una certa affermazione segue da altre? Turing, con un colpo d’ala notevole, arrivò a pensare e dimostrare l’infondatezza dell’assunto usando non già i numeri, ma una macchina astratta, un esperimento mentale: la Macchina di Turing, attuale e insuperato  modello teorico alla base dell’informatica moderna.

Questo prima del conflitto.

Dopo il conflitto, correva con il Walton Athletic Club e pensava a una macchina che potesse imitare il pensiero umano. Da qui il titolone di qualche riga sopra.

“Più che vederlo arrivare, lo sentivamo”, disse JF Harding del Walton. “Faceva un rumore terribile, una specie di grugnito, quando correva, ma prima ancora che potessimo rivolgergli la parola ci aveva raggiunto e superato come un proiettile. Così una sera gli chiedemmo per chi corresse, e quando sapemmo che non era tesserato lo invitammo ad unirsi a noi. Lo fece e divenne il nostro miglior runner”.

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Già, divenne il migliore di quel team. E sul rumore? Beh, anche Zatopek non era bellissimo da vedere e sentire.
Questa Storia è raccontata in un blog di sport perché il signor Alan Mathison Turing per poco non entrò, e forse solo per un infortunio, nella squadra olimpica per le Olimpiadi di Londra 1948. Si mise in luce nell’agosto del 1946, quando vinse la gara sociale del Walton sulle tre miglia. E poco dopo Turing arrivò terzo in un’altra gara, arrivando appena sei secondo dopo Alec Olney, al quale regalava dieci anni di età. Beh, Alec Olney corse i 5000 metri alle Olimpiadi di Londra.

Pian pianino, Turing cominciò ad allungare la distanza e il 25 agosto del 1947 ottenne il suo personale sulla maratona con il tempo di 2h46’03”. Un risultato notevole per un trentacinquenne che lavorava con teste d’uovo e si allena nei ritagli di tempo. Il risultato assume una valenza ancora più strabiliante se confrontato con il tempo del vincitore della Maratona dei Giochi del 1948. Il vincitore di quella maratona, il carneade Delfio Cabrera, corse in un tempo inferiore di soli undici minuti rispetto a quello di Alan, battendo il gallese Tommy Richards, a sua volta battuto da Turing in una corsa campestre disputatasi pochi mesi prima. Su una distanza più corta, va detto.

Ci piace pensare che l’altra idea fulminante di Turing possa essersi fatta strada, abbia trovato insperate connessioni e configurazioni neurali, durante una corsa oppure durante un allenamento. Durante i suoi anni da runner, Turing cominciò a spostare la sua attenzione dalle capacità e potenzialità di calcolo di una macchina ( la sua Macchina di Turing) verso nuovi orizzonti, vale a dire verso l’analisi dei processi logici che la macchina poteva sviluppare. Non si trattava più di programmare macchine efficienti, ma macchine intelligenti. Turing si ritrovò a mappare un nuovo territorio, cercando le analogie tra i processi che il cervello può creare, tipo la mente pensante, il dialogo interno e la coscienza, con i processi che una macchina può eseguire e ingegnerizzare. Per dirla brutalmente, Turing fu anche pioniere dell’A.I. Ricordatevelo la prossima volta che ricorrerete a un assistente virtuale.
E anche in questo caso, la sua forte capacità di astrazione trovò perimetro e ragione all’interno di un modello teorico: Il Test di Turing, attuale e insuperato modello usato per determinare se una macchina sia o meno grado di pensare.

Alla fine del 1947, il nome di Alan Turing si trovava al nono posto nella rosa dei possibili runner che avrebbero difeso i colori britannici alle prime olimpiadi del Secondo Dopoguerra. Purtroppo un infortunio alla gamba gli precluse la possibilità di poter partecipare alle Olimpiadi.

Poco male, direte, e poi perché …
Perché proporre una storia del genere in un blog di Storie Sportive e Maledette?
Matematico geniale, tecnologo insuperato, eroe di guerra, quasi atleta olimpico, cosa c’è di maledetto in tutto ciò?

Riavvolgiamo un po’ l’ultimo nastro, del resto la Macchina di Turing ha tra i suoi componenti un nastro, anche infinito se si vuole.

Dunque: Matematico geniale, tecnologo insuperato, eroe di guerra, quasi atleta olimpico e autore di gross indecency: gravi atti osceni.

Quali atti osceni? Ricordate che quasi all’inizio abbiamo scritto di grazia postuma nel 2013?

Bene, Alan Mahison Turing, l’uomo che contribuì a salvare la stessa Regina, era omosessuale.

Un crimine ai tempi.

Il matematico aveva una relazione con un poco di buono che lo derubava continuamente. Alan andò dalla polizia e nel corso dell’interrogatorio venne fuori anche il tipo di rapporto che intratteneva con il lestofante. Turing venne arrestato e trascinato davanti al giudice per rispondere al reato di omosessualità. Lui non si difese, non negò nulla. Dal suo punto di vista non aveva fatto nulla di male. Max Newman, grande matematico, amico e mentore di Alan si mosse in sua difesa.

E con lui altri, solo che…
Vincolati dal segreto militare, né Alan né i suoi amici poterono riferire alla corte di giustizia i grandi meriti di Alan, i servigi resi al Paese e la risorsa che lo stesso rappresentava per la Corona Unita. La pena alternativa al carcere era la castrazione chimica, che Alan accettò, forse ignaro degli effetti collaterali.

Correva il 1952.
La cura lo fece ingrassare, gli fece aumentare il seno, non ci son prove che abbia avuto effetto anche sulla sua mente, ma ad Alan Turing la vita cominciò a pesare.

La sera del 7 Giugno del 1954, nella solitudine della sua camera a Wilmslow, Alan diede un morso a una mela e si addormentò.

Per sempre.

Ecco, adesso la cosa vi sembra abbastanza maledetta?

In molti hanno fantasticato che Jobs abbia pensato a Turing quando decise il logo della Apple. Steve non ha mai confermato la cosa. Pare però che una volta sia arrivato a dire:“Non è vero, ma Dio, come vorrei che lo fosse!”.

Turing ha plasmato non solo il nostro presente, permettendoci di tenerci in contatto e di trovare amici lontani con passioni simili, ma ha aperto anche una finestra sul nostro futuro, perché, se ben usata, l’A.I. apre scenari incredibili.

A voi amici e al padrone di casa del blog sta il compito di giudicare se questa storia merita il posto nel blog.

Non l’ho sentito, ma pare che Buffa in alcuni monologhi citi von Braun.

Wernher von Braun.

Ecco, von Braun ha una bella storia, ma difficilmente ne scriverei.

E sicuramente non sempre in termini apologetici.

Né sono l’unico.

Sono in molti a vedere in von Braun uno che plasmato il nostro presente, come ho detto di Turing. E come potrei dire di Shannon, di Wiener, ma…
Ma mentre qualcuno comincia ad avanzare dubbi non solo morali (quelli son figli dei tempi), ma anche accademici su Werner von Braun, nessuno, nessuno!, ha mai messo in dubbio la paternità delle intuizioni di Turing che anzi, in qualche caso, ha avuto meno di quanto effettivamente meritasse.

Anche in ambito accademico e non solo nel discorso di Gordon Brown. Se è giusto cantare con post, film e documentari personaggi come von Braun e Nash (bocca taci!), allora credo che si debba dare il giusto anche ad Alan Mathison Turing.

Anche perché nessuno dei cervelloni correva come lui.

A tal proposito, non ci sono prove univoche (e credo mai ci saranno) sul Pitagora campione olimpico di boxe. Io sono scettico, ma di tanto in tanto, anche in blog e saggi di valore la questione vien fuori.

Infine, Alan si tolse la vita pochi giorni prima di compiere 42 anni.
42, come i km della maratona che non corse mai.

Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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