di MASSIMO BENCIVENGA
Qual è geomètra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond’egli indige
Una terzina che si trova poco più della ben più celebre
L’amor che move il sole e l’altre stelle.
Naturalmente sto parlando della parte conclusiva de La Divina Commedia, laddove ogni
cantica, come ben sapete, termina con la parola stelle e laddove, in altro canto del Paradiso, il numero 19, Dante fa finire tre terzine alternate con la parola Cristo.
Non è di Cristo che voglio parlare, ma di geometri, in senso matematico, e di una storia ai limiti del credibile.
Una storia quasi da film.
Quasi.
E invece reale.
Crudelmente reale.
Dante usa la similitudine con il lavoro del matematico che tenta di misurare la circonferenza usando dei poligoni per spiegare, in maniera figurata, l’impossibilità di rendere a parole l’esperienza divina.
La quadratura del cerchio era un problema noto da secoli, ma Dante non sospettava d’aver dato il là, con la sua Commedia, alla ricerca furiosa di un’altra chicca matematica. I più arguti e attenti di voi saranno rimasti un po’ straniti davanti alla struttura dell’Oltretomba dantesco.
Sfere dentro sfere che s’innestano su altre superficie sferiche.
L’Oltretomba dantesco è come se fosse composto da due sfere con un bordo in comune. E
Nessun buco.
Di modo che uno potrebbe muoversi a piacimento come se fosse su un’unica superficie. Dante tutto ciò non lo sapeva, visto che questo problema topologico fu avanzato, perlomeno in maniera formale, da Henry Poincare intorno al 1904 quando si chiese se
una qualunque forma geometrica (una 3-varietà) chiusa e senza buchi in uno spazio di 4 dimensioni è identica (nel senso di cui sopra) ad una sfera in 4 dimensioni (una 3-sfera),
vale a dire si chiese se esisteva un qualche modo che consentisse di trasformare
(topologicamente) la prima sfera nella seconda.
Quasi un secolo dopo, nel 2000, l’imprenditore Landon T. Clay enunciò, sul modello dei
problemi del secolo proposti da Hilbert nel 1900, i Problemi matematici del Millennio, sette per essere precisi, promettendo una ricompensa di un milione di dollari a chiunque ne avesse risolto almeno uno.
Tra questi problemi c’era la Congettura di Poincaré.
Verso la fine del 2002, il matematico russo Grigorij Jakovlevič Perel’man cominciò a caricare su un server per matematici la risoluzione di questa congettura. Come nel caso del ben più celebre Ultimo teorema di Fermat, a un certo punto, dopo premesse incoraggianti, la comunità matematica trovò delle imprecisioni.
E come in quel caso, alla fine, e parliamo del tardo autunno del 2005, Perel’man riuscì a
mettere insieme i pezzi e a dimostrare in maniera affermativa la Congettura di Poincaré,
gettando un ponte, stante la potenza della topologia, su una maggiore comprensione della struttura dell’Universo.
I più ottimisti pensano che questa nuova certezza matematica possa aiutare ad avvicinare la teoria gravitazionale con la meccanica quantistica. In questo senso son passati 15 anni senza sostanziali passi avanti.
Nel 2005, Perel’man, nato a Leningrado (ora San Pietroburgo) nel 1966, aveva 39 anni. In
tempo per confermare una diceria e ricevere un premio. La diceria è quella che racconta di come i matematici diano il meglio di sé prima dei quarant’anni.
Il premio è la celebre Medaglia Fields, il cosidetto Nobel dei matematici.
Esistono storie divertenti e pruriginose sul perché Nobel non istituì un premio anche per i matematici.
Divertenti.
Pruriginose.
E false.
Nel 2006 la Medaglia fu assegnata a Perel’man e ad altri tre giovani studiosi. Contestualmente, sir John Ball, all’epoca presidente dell’Unione Matematica Internazionale, dichiarò la rinuncia al premio da parte dello stesso Grigorij.
In molti restarono sorpresi, ma non tutti.
Grigorij Jakovlevič Perel’man era recidivo.
Perel’man anni prima già non aveva ritirato l’European Mathematical Society.
Pensare che gente come John Nash o come Cedric Villani ha perso il sonno, nel caso di Nash anche il senno, pur di vincere il Premio, rende Grigorij Jakovlevič Perel’man ancor più originale anche all’interno di un mondo di alienati come quello dei matematici, con Talete che cadde in un pozzo suscitando l’ilarità della sua servetta, con Fermat che non aveva spazio sul margine per una dimostrazione e proseguendo, in una incompletissima carrellata, con la domestica di Riemann che bruciò la sua congettura.
Una cosa così potente, la congettura di Riemann, che se confutata metterebbe a rischio le
nostre transazioni bancarie.
A ben vedere, lo zelo di servette e domestiche ha spesso arrecato non poco danno alla Scienza e alla Conoscenza.
Ecco, pur all’interno di un contesto popolato da personaggi così sopra le righe, anche se Talete poi dimostrò anche senso pratico e commerciale, uno come Grigorij Jakovlevič Perel’man, figlio di un ingegnere di chiare origine ebree, rappresenta un Unicum.
Perché se la gloria materiale può far schifo, quella immateriale, di fama imperitura, è sempre stata ferocemente inseguita e perseguita dai matematici, ben consapevoli che, a differenza di altri risultati in altre branche della Scienza, un teorema è… per sempre, direbbero alla De Beers.
Se rigorosamente dimostrato, un teorema potrà poi essere inglobato in casi particolari, ma mai del tutto superato o accantonato come succede per le altre scienze, dove nuove teorie soppiantano le vecchie relegandole al rango di errate credenze.
Ebbene, Grigorij Jakovlevič Perel’man, è forse l’unico caso di un matematico che ha rifiutato congiuntamente fama futura e successo monetario.
Già, perché non pago, quando nel 2010 l’Istituto Clay decise di tributargli il Milione di euro del Premio, Grigorij non trovò di meglio che rifiutare anche i soldi.
In quel momento viveva senza lavoro, avendo abbandonato anche l’insegnamento
unIversitario, e della pensione della mamma, ex insegnante di matematica.
È stato anche una delle ultime volte che s’è sentita la sua voce, quando sostenne che troppi soldi in Russia generano solo violenza.
Lasciandosi però andare a una chiosa civettuola, quando disse che se la soluzione era corretta, lui non aveva bisogno di altri riconoscimenti.
In questo accomunato da Andrew Wiles, l’uomo de L’ultimo teorema di Fermat, che per
questione di mesi non potè fregiarsi della Medaglia Fields.
Wiles, in modo molto british, affermò che nel momento in cui dimostri Fermat, del Premio non t’importa più nulla.
Da anni nessuno sa dove sia e cosa faccia Grigorij Jakovlevič Perel’man. Per alcuni s’è dato alla raccolta di funghi che, per uno con quella capacità di astrazione, può rappresentare una nuova sfida, atteso che i funghi son presenti sulla terra da milioni di anni prima dell’uomo e che, a loro volta, rappresentano un intero universo.
Prima ho parlato di Hilbert. Bene, sulla sua tomba c’è l’estratto di un suo discorso:
Wir mussen wissen,
wir werden wissen
(Dobbiamo sapere,
sapremo)
Sembra essere stata davvero questa, la conoscenza in sé, la stella polare che ha guidato sino a un certo punto la rotta matematica di Grigorij Jakovlevič Perel’man, l’uomo che ha rifiutato, da disoccupato, un milione di dollari.
Intorno al 2012, forse anche 2013, cominciò a girar voce che James Cameron, regista di
Terminator, Titanic e Avatar, figlio come Grigorij di un ingegnere e a sua volta ex studente di fisica, avesse in mente di girare un film, un biopic sull’eccentrico matematico russo. A quanto ne so, la cosa non è andata avanti.
Anche perché, come detto, riesce difficile parlare con Grigorij che, Dio non voglia!, potrebbe anche essere morto o moribondo visto e considerato che nessuno sa dove sia.
Le ultime foto lo ritraggono in metropolitana, con l’immancabile barba.
Sembra un barbone, ne ha l’aspetto, ma negli occhi è ben visibile lo shining, lo scintillio di chi ha capito il Paradiso e visto le Stelle.