LAYNE STALEY: Troppo fragile per questo mondo.

layne copertina

“Brutto figlio di puttana.

Molli me e mia madre come un paio di scarpe rotte.

Non ti fai vedere per quasi vent’anni e adesso rispunti fuori, bello come il sole, dicendomi “sono tornato figlio mio” !

Sei sempre stato un gran bastardo.

Pensare che quando avevo 16 anni mi sono perfino messo a cercarti.

Dappertutto.

Volevo capire perché te ne eri andato a quel modo.

Poi parlando con le persone che ti conoscevano, a cominciare da mia madre,  ho capito.

Non ne valeva la pena.

Eri solo un tossico senza speranza.

E un gran figlio di puttana.

Il guaio è che qualcosa dai tuoi geni di merda l’ho ereditato.

Non con la musica di certo, visto che a parte ascoltare i tuoi gruppi Heavy Metal non sapevi ne cantare ne suonare.

Una passione me l’hai trasmessa purtroppo: quella per l’eroina.

In quella sono uguale a te.

Anche se a te diceva la mamma che serviva solo per sballare, per avere una scusa per startene via da casa giorni interi con i tuoi amici del cazzo.

Mentre a me serve per lenire quel maledetto dolore che sento dentro di me da sempre.

Forse proprio da quando te ne sei andato da casa tu.

Senza una parola, un saluto o un fottuto biglietto di addio … e io avevo solo 6 anni.

E ora rispunti fuori dal nulla.

Ma guarda un po’ le combinazioni della vita !

Tuo figlio con il suo gruppo vende qualche milione di dischi, si compra una casa tutta sua, in banca ha un conto a sette cifre … e chi si rivede ???

Phil “figlio di puttana” Staley.

Pensa che per un po’ di tempo non ho neppure portato il tuo cognome da tanto mi facevi schifo.

Ora torni e mi racconti che sei “pulito come un bambino”

Da ben 6 anni. Cavoli che bravo !!!

Peccato che dopo neppure una settimana che ti sei ripresentato hai ricominciato a farti come se non ci fosse un domani !

E la cosa che mi fa più incazzare e che sono IO ad avere i sensi di colpa e a non riuscire a mandarti dove meriteresti …  a fare in culo da dove sei venuto.

Carina come immagine; padre e figlio che si fanno insieme di eroina come due adolescenti.

Ormai ti presenti a casa mia tutti i giorni e grazie a te, brutto figlio di puttana, mi faccio con una frequenza come mai prima d’ora.

“Figliolo, ma di cosa ti preoccupi ? Con i tuoi soldi ci ripuliamo quando vogliamo !”

Sai qual è la cosa che mi fa più incazzare di questa frase, già di per se del cazzo per conto suo ?

Che nessuno fino ad ora, compresa la mamma, ti ha mai sentito parlare al PLURALE in vita tua !

Sei la mia rovina due volte, Phil “figlio di puttana” Staley.

… e io non riesco nemmeno a cacciarti via …”

Da quel devastante periodo Layne Staley non ne uscirà mai più.

Anzi.

Sarà un precipitare senza soluzione di continuità verso l’abisso più cupo.

La sua dipendenza dall’eroina diventerà assoluta, nefasta e totalmente irreversibile.

Fino al 19 aprile del 2002, quando il suo corpo senza vita verrà ritrovato nella sua casa di Seattle.

… 15 giorni dopo la morte, avvenuta, per una folle e tragica coincidenza (?) il 5 aprile.

Esattamente 8 anni dopo esatti dalla morte di Kurt Cobain.

 

Layne Staley era il cantante degli Alice in Chains, uno dei primi gruppi, sia cronologicamente che per importanza, della famosa scena di Seattle.

Quando nel 1990 esce “Facelift” i 4 ragazzi di Seattle vengono catapultati verso la fama dapprima negli States e a seguire nel resto del pianeta.

Più di 2 milioni di copie vendute solo negli Stati Uniti d’America.

Due anni dopo, con “Dirt” riescono a fare meglio.

Molto meglio.

4 milioni di copie vendute e insieme a Nirvana, Pearl Jam e Soundgarden diventano i paladini di questa nuova ondata musicale che lascerà un segno indelebile, e spesso tragico, nella storia del rock.

Sembra tutto andare alla grande per Layne ma la sua vita privata sta invece diventando un autentico inferno.

La sua dipendenza dall’eroina, di cui è probabilmente già un consumatore da tempo, sta iniziando a diventare un problema serio e sempre più difficile da gestire per Layne e per i compagni della band che stanno assistendo giorno dopo giorno ad un processo autodistruttivo che appare già irreversibile per il loro amico e front-man del gruppo.

Proprio in quel periodo farà irruzione nella sua vita il padre Phil.

Più di 15 anni dopo da quando lasciò lui e la madre.

Torna a farsi vivo ora, dopo aver visto la foto del figlio in una rivista musicale.

Phil diventerà per parecchio tempo una presenza fissa, sempre più ingombrante e nefasta nella vita del figlio.

Praticamente ogni giorno suo padre va da Layne a batter cassa.

Si bucano spesso insieme e a quel punto la corsa verso il baratro di Layne sembra inarrestabile.

Già dal 1994 il suo livello di dipendenza è tale da far decidere agli “Alice” di rinunciare al tour promozionale di “Jar of Flies” un EP che debutta al primo posto nelle classifiche di vendita, novità assoluta per gli Alice in Chains.

Layne Staley viene convinto dagli amici a ricoverarsi in una clinica per disintossicarsi.

Sarà solo il primo di una lunga (e purtroppo vana) serie di tentativi.

Per un breve periodo sembra che Layne possa farcela.

Parte addirittura un nuovo progetto con altri musicisti di Seattle tra cui Mick McCready dei Pearl Jam e Barrett Martin degli Screming Trees.

Il gruppo prenderà il nome di Mad Season e in questo seppur brevissimo interludio Layne ritrova una parvenza di energia e speranza.

Tutto assolutamente effimero.

Le sue apparizioni pubbliche iniziano a diradarsi e gli impegni presi con gli “Alice in Chains” e con i Mad Season saltano con sempre maggiore frequenza.

Nel 1995 esce “Alice in Chains” o “Tripod” come molti usano chiamare quell’album per via delle foto in copertina.  (Tripod significa “trepiedi” e le foto in copertina sono di un cane con 3 zampe e di un uomo con tre gambe).

Anche questo album schizza in vetta alle classifiche.

Anche stavolta però tour promozionale ridotto al minimo.

Le condizioni di Layne non lo permettono.

Nonostante i testi di quel disco sono in gran parte dello stesso Staley.

Liriche cupe, nichiliste e malinconiche dove la depressione e la dipendenza di Layne traspaiono chiaramente in diversi pezzi, evocativi ed autobiografici.

L’amico Gerry Cantrell, il chitarrista della band, ricorda quel periodo con tanta frustrazione ma anche con tanta dolcezza nei confronti di Layne “E’ insopportabile per un musicista non poter suonare dal vivo, davanti ai propri fans, quello su cui si è lavorato per mesi. Ma con Layne abbiamo vissuto insieme momenti meravigliosi e ora, che invece dobbiamo viverne di assai più duri e difficili, continueremo a farlo insieme. In questo gruppo mai nessuno pugnalerà un altro alle spalle o verrà abbandonato a se stesso.”

Parole toccanti e profonde ma quando l’anno successivo l’ex-fidanzata di Layne, Demri Lara Parrott, (quella che con ogni probabilità aveva fatto scoprire a Layne i “piaceri” dell’eroina) morirà di overdose anche gli amici del gruppo capiscono che Layne ha imboccato ormai una via senza ritorno.

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Pochi mesi prima, nell’aprile del 1996, gli Alice in Chains sono ospiti di MTV e del loro celeberrimo “Unplugged”.

Sono due anni e mezzo che praticamente non suonano insieme dal vivo.

Quello che si vede quella sera sul palco è uno spettacolo sconfortante e terribile.

Non tanto per la voce, quella c’è ancora eccome !

Ma per l’aspetto e le condizioni di Layne.

Emaciato e magrissimo, vestito completamente di nero e con grandi occhiali scuri per buona parte del concerto.

Addirittura un paio di guanti neri … a nascondere le mani, ormai coperte di buchi e croste così comuni a tutti i tossicodipendenti ormai al capolinea.

Gli ultimi anni di Layne saranno praticamente in clausura, chiuso nella sua casa di Seattle a spendere centinaia di dollari al giorno in sostanze, dipingere e a giocare con un paio di amici saltuari a videogames.

Rilascerà l’ultima intervista tre mesi prima di morire.

Apparirà postuma alla sua morte, nella biografia “Layne Staley: Angry chair”.

In quell’intervista metterà definitivamente a nudo la sua devastante dipendenza dall’eroina, raccontando di un corpo ormai allo stremo e fuori controllo, con l’impossibilità addirittura di gestire i bisogni fisiologici.

Nelle sue parole tanto rimpianto per la stupidità di una scelta “leggera” che gli ha condizionato in seguito, gli affetti, la carriera e la vita.

Per un po’ l’eroina è stata il mio motore, quasi la mia linfa vitale. Ma ora tutto si è rivoltato contro di me. Sono in un inferno e il dolore mi è insopportabile”.

Arriva anche un pensiero per i suoi fans, soprattutto per quelli più giovani.

“Vorrei che nessuno pensasse che farsi di eroina sia “cool”, sia figo.

“E’ invece un’immensa cazzata. “

“C’erano un sacco di ragazzi “fatti” ai miei concerti che mi sorridevano e alzavano il pollice verso di me, facendomi capire che anche loro erano “high”, fuori di testa.”

“Ecco, questo è esattamente ciò che vorrei non accadesse più”.

Come detto il corpo di Layne verrà rinvenuto nella sua abitazione di Seattle ben 15 giorni dopo la sua morte.

Lui, che era alto 180 centimetri era arrivato a pesare 36 kg.

I tributi e le testimonianze di affetto soprattutto da parte dei tanti amici della celeberrima “scena di Seattle” si ripeteranno senza sosta per molto tempo.

Anche se le tragedie, per i protagonisti di quel meraviglioso e creativo periodo della storia del rock’n’roll, sembrano davvero non avere fine.

L’unica certezza è che la voce di Layne e le sue canzoni rimarranno per sempre.

L’unica speranza è che Layne possa trovare ora quella pace che non è riuscito a trovare qua sulla terra … lasciando quaggiù tutti i suoi ingombranti e sinistri fantasmi.

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Come sempre la prima parte raccontata in prima persona è frutto della fantasia di chi scrive ma fedele a tutte le testimonianze e le interviste rilasciate da Layne e dagli amici più intimi in merito a quel periodo particolare della sua vita.

Il testo in questione è molto crudo e mi auguro non disturbi o non offenda nessuno.

Ma trasmettere la rabbia e l’angoscia provate da Layne Staley in quel periodo diventa molto difficile e anche poco realistico farlo con paroline dolci e delicate da oratorio.

Infine, le parole del titolo “Too tender for this world” sono state pronunciate da Ann Wilson, leader degli Heart, e cara amica di Layne.

 

 

 

 

 

Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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