Le lezioni di Maryam Mirzakhani

C’era una volta un insegnante elementare prussiano che un giorno, con spirito lavorativo niente affatto

teutonico, e con l’intento di tener buoni bimbetti di prima elementare, non trovò di meglio che rifilar loro

un compito labororioso, noioso e pieno di insidie per quei bambini: fare la somma dei primi cento numeri.

Tempo una decina di minuti e un bimbetto porse all’insegnante il risultato esatto, ossia 5050, ottenuto

senza nessun calcolo.

Nessuno…

E nessuno sa con esattezza come fece quel ragazzino.

Mi rifiuto di pensare che sia arrivato da solo, in dieci minuti e a sei anni, a dedurre, o meglio ad avere

indotto delle iterazioni che l’avrebbero portato da arrivare da solo a pensare alla formula n(n+1)/2.

Lessi di questa storia intorno ai quindici anni, nelle appendici a piè capitolo di un libro di geometria che

aveva più chicche in dette appendici che non nelle pagine istituzionali, diciamo così.

Siccome le storie, al pari delle ragnatele che sembrano uguali senza esserlo, non si raccontano mai due

volte allo stesso modo, mi piace pensare che poco tempo prima della mia scoperta questa storiella sia stata

raccontata a una ragazzina iraniana, frequentante le medie, dal fratello maggiore.

« Oddio, ma ci vogliono ore » esclamò Maryam Mirzakhani.

« In verità Gauss ci mise molto meno » ribatté il fratello.

« E come fece?»

Qui la ragnatela della storia si annoda in maniera diversa. Il fratello di Maryam le disse che il sommo,

ancorché infante, Gauss probabilmente si accorse che 1+100 era uguale a 2+99, a 3+98 e così via per…

50 coppie di numeri che restituivano sempre 101 come risultato della loro somma; da qui 101×50, che

sempre 5050 restituisce.

E da questo semplice aneddoto, mai raccontato allo stesso modo,si può capire che si possono seguire

strade diverse per arrivare allo stesso punto: a Carl Friedrich Gauss, il re dei matematici.

Io e Maryam avemmo reazioni simili, ma a lei successe, poco più di un quarto di secolo dopo la

folgorazione sulla strada di Gottinga, qualcosa che sarebbe ed eccome piaciuto a Gauss, che aveva avuto

rapporti con una matematica che…

Il rapporto di Gauss con le matematiche merita invece un piccolo approfondimento. Probabilmente ha

ispirato e spinto molte ragazzine a far matematica, il buon Gauss, ma con una ebbe un rapporto epistolare

un po’, particolare, diciamo così.

Tenete a freno i vostri pensieri pruriginosi, perché non c’è nulla di erotico nel carteggio tra Gauss e una

signorina che…

Quando nel 1806 le armate di Napoleone invasero la Prussia, ci fu un generale francese che si prodigò

non poco per scovare e mettere al sicuro Carl Gauss che all’epoca viveva nella città di Braunschweig.

Quando il matematico chiese lumi sul quel trattamento di riguardo, il militare disse che aveva fatto questa

promessa all’amica comune Sophie Germain di Parigi. Gauss e la Germain erano grosso modo coetanei,

ma il prussiano non aveva mai conosciuto in vita sua la donna che tanto s’era spesa per evitargi di fare la

fine di Archimede, trucidato da un milite romano negli istanti convulsi della caduta di Siracusa.

Gauss non conosceva Sophie Germain per il semplice fatto che aveva stabilito un carteggio matematico

non già con lei, ma con un matematico francese di nome Antoine-August LeBlanc.

Sophie Germain aveva frequentato per corrispondenza i corsi dell‘École polytechnique, fondata da

Monge e Lazare Carnot su impulso anche di Napoleone, che aveva bisogno di ingegneri, usando il nome

di Antoine-Auguste LeBlanc, un giovane che si era iscritto per poi abbandonare tutto e seguire il suo

amore, una ballerina di cancan.

Il sotterfugio fu necessario perché, pur se di buona famiglia, dal momento che il papà era un ricco

mercante, a Sophie era preclusa, in quanto donna, l’iscrizione all’École polytechnique. Le sue intuizioni

furono così fulminanti che colpirono un peso massimo come Joseph-Louis Lagrange, il quale volle

incontrare LeBlanc. Lagrange fu il primo a scoprire la verità. In parte mantenne il segreto, in parte no, ma

pur essendo all’epoca quella dei matematici una comunità ristretta, comunque Gauss non venne a

conoscenza della cosa e per lungo tempo fu convinto di scambiare opinioni matematiche per posta con

Antoine-August LeBlanc, matematico parigino.

Riavutosi dalla sorpresa, Gauss, vergò alcune frasi rimaste immortali per levità, densità e carica emotiva.

“A causa dei nostri pregiudizi, una donna deve affrontare difficoltà infinitamente superiori

a quelle degli uomini nel condurre ricerche

che sono estremamente impegnative.

Quando riesce lo stesso a superare gli ostacoli e a padroneggiare la materia,

allora senza dubbio deve possedere il coraggio più grande, uno straordinario talento e un genio

superiore”

Sembra una storia da film, anche sin troppo caricata, inverosimile per certi aspetti, ma è quel che avvenne

mentre il settecento lasciava il passo all’ottocento, al secolo del romanticismo e delle passioni forti.

E certamente doveva essere forte la passione che spingeva una diciottenne a sfidare le pericolose tenebre

della Londra degli anni trenta dell’ottocento per recarsi a far visita a un uomo ben più attempato. Ancora

una volta vi esorto a non pensare male. Lui era Charles Babbage e lei era quella che chiamo la byronina,

vale a dire Ada Lovelace, figlia di lord Byron e di Anne Milbanke. Ada, che in quelle sortite notturne era

sempre accompagnata dalla mamma, era interessata al progetto della macchina analitica che Babbage

stava cercando di costruire. Babbage aveva in animo di costruire una macchina che, sul modello del

Telaio Jacquard, fosse programmabile per eseguire dei calcoli, anche calcoli di equazioni polinomiali.

Negli appunti di Charles Babbage si legge solo di calcoli: lui voleva una macchina calcolatrice. Di contro,

nelle carte di Ada Lovelace si possono trovare pensieri ben più arditi ed alati: la byronina aveva pensato

di poter potenziare la macchina di modo che potesse non solo far calcoli tra numeri, ma anche lavorare

con simboli e parole. Ed è per questo motivo che uno dei primi linguaggi di programmazione si chiama

Ada.

Come avete potuto leggere, solo per Sophie e Ada, ci sarebbe materiale per decine di post e film; e un

film fu fatto per davvero, sulla povera Ipazia di Alessandria, intorno o poco prima del 2010, ma passò

quasi inosservato.

Maryam Mirzakhani, nata in Iran nel 1977, duecento anni dopo Gauss, da un padre ingegnere, non

sembrava avere il bernoccolo della matematica; come me restò a bocca aperta, stupita e attonita, davanti

al colpo d’ala del piccolo Gauss, ma sapeva entusiasmarsi, amava la vita, le chiacchiere con le amiche, le

sfide e le novità. E la novità arrivò un bel giorno portata da Amir, un amico del fratello di Roya, la sua

migliore amica.

« Parteciperò alle Olimpiadi di informatica» le disse Amir, emozionato e anche un po’ tronfio, fors’anche

per far colpo su Maryam e le sue amiche.

« E cosa farai, il lancio del computer?» lo canzonò Maryam, che aveva anche la battuta pronta.

Roya e Maryam si fecero dare i quiz risolti da Amir e…

Impiegarono settimane, in due, per risolverne…

la metà.

Nondimeno, il seme era piantato e furono ancora più contente di scoprire che esistevano anche delle

Olimpiadi di Matematica, solo che erano precluse alle donne. Non a tutte le donne, a dirla giusta, ma alle

iraniane sì.

Per la verità non si trattava neanche di una vera e propria proibizione, non i senso stretto almeno, solo

che…

Solo che le donne iraniane non avevano mai partecipato alle selezioni.

Roya e Maryam andarono dalla preside che illustrò loro le difficoltà, tecniche e di consuetudini, della

singolare richiesta, ma, rapita dall’entusiasmo delle due, promise di appoggiarle.

Ed è una cosa da tenere bene in mente quella di ringraziare chi, lungo la nostra strada, sceglie di

allegerirci il percorso anche solo camminando con noi.

Maryam ripagò gli sforzi della preside vincendo due volte le Olimpiadi. Maryam, che da bambina

sognava di fare la scrittrice, si ritrovò così ad attraversare, entusiasta e trepidante, lo specchio di Alice che

la catapultò nel cangiante paesaggio della matematica che, diversamente da come se l’era immaginato da

bambina, aveva ed eccome bisogno di immaginazione e creatività, di audacia e voglia di crederci.

Maryam entrò in punta di piedi, ma cominciò a ridefinire alcuni paesaggi. Per ridefinire una porzione di

questi scenari matematici in divenire impiegò, dopo la laurea a Teheran e la partenza per Harvard, anni e

anni di studio e qualcosa come 172 pagine.

Negli Usa trovò anche l’amore, nella persona e nelle fattezze di Jan, informatico di origine Ceca. I due

misero in cantiere la piccola Anahita, nata nel 2011, che si divertiva con la mamma a pasticciare e

colorare strane forme geometriche, quelle che possono venire in mente solo ai bambini e ai matematici

visionari. Ho parlato al maschile, ma credo fortemente che le storie di Ipazia e Ada, della Curie e della

Germaine, possano essere d’incoraggiamento a una società che guarda ancora con troppa sufficienza le

donne impegnate nelle materie STEM.

Maryam non si definiva geniale o predestinata, ma una lavoratrice e un’inguaribile ottimista e, quasi

sempre, forse il suo lascito più grande, lavoro e ottimismo bastano e avanzano per avere una vita piena e

appagante.

Un’altra lezione da tenere ben in mente.

Alla fine, la bambina che voleva diventare scrittrice e che divenne matematica sulle ali dell’entusiasmo,

trovò le parole e i simboli per accrescere la nostra conoscenza della grammatica fine di quella grossa

impresa umana, mondiale e mentale che chiamiamo matematica.

Alla fine, nel 2014, le venne assegnata la Medaglia Fields, volgarmente detto anche il Nobel della

matematica; un premio assegnato ogni quattro anni a uno o massimo quattro matematici sotto i

quarant’anni di età. C’è chi ha perso il senno (Nash) per inseguire questo premio, chi è arrivato tardi a

qualche risultato importante (Wiles) e chi l’ha rifiutato (Perelman).

Maryam sarà ricordata per essere stata la prima donna ad avere il premio. Ed è singolare che la prima

premiata venga da una nazione che sembrava quasi volerle impedire di far matematica.

Di lei, più che il premio, credo resterà il fulgido esempio, che ho cercato di far risaltare in queste righe,

circa quali vette può raggiungere l’animo umano quando ottimismo e volontà lavorano in sincrono.

Avete letto questa storia al passato perché purtroppo non sempre c’è un lieto fine.

Maryam Mirzakhani, la bambina nata duecento anni dopo Gauss, la prima donna Medaglia Fields, ha

chiuso gli occhi al mondo della matematica e al suo mondo, il tenero Jan e la piccola Anahita, il 15 Luglio

del 2017, a quarant’anni, per via di un tumore.

Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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