STUART ADAMSON: un grande cuore in una grande terra.

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“The Edge ha dichiarato qualche giorno fa in un’intervista che si è ispirato a me come chitarrista. E che ero il suo idolo assoluto ai tempi degli SKIDS.

Beh, mi fa ovviamente un grande piacere.

Abbiamo fatto un pezzo di strada insieme nei primi anni ’80.

“Epic rock” avevano definito il nostro stile e quello degli U2, degli Alarm e anche dei Simple Minds.

Avevamo il mondo in mano.

Sono stati anni gloriosi, di grandi soddisfazioni.

Ora però le uniche “soddisfazioni” che mi sono rimaste sono qua, davanti a me su questo tavolo.

In fila come tanti ordinati soldatini.

Invece sono solo 8 bicchierini di vetro che contenevano fino a pochi minuti fa un liquido ambrato, prodotto nella mia terra, a Nord del Vallo di Adriano.

Il calore che mi avevano dato all’inizio si sta già trasformando in qualcosa che conosco altrettanto bene: la rabbia verso il mondo intero e verso me stesso per come sono riuscito, ancora una volta, a mandare a puttane tutto quanto.

Avevo smesso di bere nel momento stesso in cui i Big Country stavano arrivando al loro zenit.

Era il 1984 ed eravamo addirittura in lizza ai Grammy Awards a Los Angeles come gruppo rivelazione dell’anno con il nostro “The Crossing”, l’album di esordio e che ci diede una popolarità mondiale.

Per anni, fin dai tempi degli Skids, mi ero convinto che senza questo “carburante” non sarei mai stato in grado di affrontare il palco, il pubblico, i tour e le attenzioni di fans e media.

Ora poi che eravamo uno dei gruppi più importanti di tutto il Regno Unito e avevamo venduto milioni di dischi in tutto il mondo !

Invece ce la feci.

Grazie a Tony, a Mark e a Bruce.

Ma soprattutto grazie a mia moglie Sandra e all’arrivo in quel periodo del mio primogenito Callum.

E così ho smesso, di colpo e da un giorno all’altro con la bottiglia.

Tutto improvvisamente era diventato più bello, intenso e nitido.

Scoprendo che ce la potevo fare alla grande anche senza quel dannato “carburante”.

Tour mondiali (Stati Uniti compresi), la nascita di Kirsten nel 1985, il secondo e il terzo album che pur senza “spaccare” avevano retto l’urto del “post-primo LP”, trauma per il 90% delle Band del pianeta.

Poi addirittura un tour in Russia, primo gruppo sulla faccia del globo terrestre ad andare a suonare da quelle parti con una organizzazione privata e un pubblico che pagava un biglietto decidendo liberamente se andare o no ad un concerto … e non ad “inviti” come usava allora da quelle parti.

Arrivammo addirittura ad aprire i concerti dei Rolling Stones, suonando in più di una occasione davanti a più di 100.000 persone.

Poi, all’improvviso, tutto ha cominciato ad andare storto.

Qualche scelta commerciale sbagliata, produttori incapaci e qualche idiota incompetente nelle case discografiche … qualche pezzo un po’ meno ispirato.

Di lì a poco la separazione con Sandra, la donna che ho amato fin da quando ero ancora un lungagnone magro e brufoloso che imbracciava una chitarra negli Skids.

Infine la fuga a Nashville nella speranza che tutto potesse ricominciare dall’inizio.

Non per vendere milioni di dischi ma per tornare semplicemente a godere nel creare musica e nel suonarla … e a riprendere una vita normale.

Invece l’unica cosa che è davvero ricominciata è la schiavitù da questo liquido ambrato, prodotto nella mia terra, a Nord del Vallo di Adriano …

 

William Stuart Adamson, cantante e leader dei Big Country, verrà trovato morto nella sua stanza di albergo ad Honolulu, Hawaii, impiccato con un filo elettrico nel guardaroba.

E’ il 16 dicembre 2001.

Il suo livello di alcool nel sangue è di 0,279%

Di lui non si avevano notizie da diversi giorni.

Il suo manager e fedele amico Ian Grant lo aveva cercato disperatamente nei giorni precedenti, intuendo che il malessere di Stuart stavolta era davvero fuori controllo.

Era già capitato in passato che Stuart Adamson si rendesse irreperibile per diversi giorni.

La ragione era sempre la stessa: una delle famose “bender”, cioè le sessioni alcoliche capaci di durare giornate intere, anche consecutive, passate a bere ininterrottamente fino a dimenticarsi di tutto il resto … famiglia, amici, lavoro …

Stuart aveva fatto perdere le sue tracce da una ventina di giorni prima da Nashville, la celebre capitale della musica Country, dove si era trasferito dopo il doloroso divorzio da Sandra, l’amore di una vita, con cui aveva avuto due figli, Callum e Kirsten.

A Nashville era arrivato un breve periodo di serenità

Un nuovo amore e un nuovo matrimonio, con la avvenente parrucchiera Melanie Shelley e soprattutto un nuovo progetto musicale, i “Raphaels”, fondati insieme al musicista Marcus Hammond.

Qualche mese prima della scomparsa di Stuart era uscito il loro primo lavoro “Supernatural”, un disco profondo, malinconico e ispirato, con testi molto intimisti e curati con la solita grande attenzione da Stuart.

Un disco considerato di “Alternative Country” con atmosfere assai distanti dal rock “epico” dei Big Country, con le chitarre che si inseguono potenti e veloci in quel suono unico capace di ricreare le sonorità tradizionali della sua amata Scozia.

In tanti avevano confidato che qui potesse iniziare la rinascita, personale ancora prima che professionale, di Stuart Adamson.

Ma la guerra di Stuart con il suo demone personale non si placa, anzi.

La bottiglia lo porterà al fallimento del matrimonio anche con Melanie e di lì a poco avrebbe anche dovuto affrontare un processo per guida in stato di ebbrezza.

Tutto questo porterà Stuart ad acuire la sua dipendenza dall’alcool fino a condurlo all’ultima scelta, quella definitiva e senza possibilità di ritorno in quell’albergo di Honolulu.

Sono in tanti a ricordarlo con affetto, per la sua generosità, la sua sensibilità e la sua grande nobiltà d’animo e per quella sua grande ironia che ne faceva un autentico spasso per chiunque ha avuto la fortuna, come chi vi sta raccontando questa storia, di condividere qualche ora con lui.

In tanti lo hanno voluto ricordare fra tutte le persone del mondo del rock e del calcio (l’altra grande passione di Stuart).

Pete Townsend e Roger Daltrey, Fish, Kate Bush, Jim Kerr o Stuart Pearce, Gordon Strachan o Charlie Nicholas solo per citarne alcuni.

Ma ancora una volta è The Edge, chitarrista degli U2e grande amico di Stuart che dopo aver ricordato in occasione del suo funerale che “Stuart ha scritto le canzoni che avrebbero voluto scrivere gli U2” ha pronunciato la frase che più ha toccato i cuori di tutti i presenti e di tutte le persone che hanno conosciuto Stuart Adamson.

“Nessuno nel mondo della musica rock, aveva un cuore grande come quello di Stuart Adamson”.

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La prima parte, dove mi permetto di parlare per Stuart, è ovviamente frutto della fantasia di chi scrive.

Ma da autentico fan dei Big Country fin dai loro esordi posso dire che le decine, forse centinaia di interviste, testimonianze, biografie e racconti su Stuart rendono anche questa prima parte quanto mai credibile e realistica.

You’ll never walk alone Big Man.

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Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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