“Ad minchiam sarà lei !” parola di FRANCO SCOGLIO

di DIEGO MARIOTTINI

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Poteva risultare simpatico o meno. Come allenatore poteva piacere o non piacere, ma di certo la sua non è stata una figura confusa nella massa. In quella massa indifferenziata che popola il mondo del calcio e che fa del conformismo una regola non scritta ma strettamente osservata. Franco Scoglio non era affatto così. In quell’ambiente spesso tiepido, opportunista, stereotipato, lui somigliava soltanto a se stesso. Nel modo di parlare, nel suo intendere il gioco del calcio. Nel guardare con attenzione dove altri il più delle volte si girano dall’altra parte. Nell’esprimersi in modo anche duro e perentorio ma almeno chiaro, netto, lontano da quei “vedremo” o da quei “chissà” che fanno da leitmotiv a milioni di interviste insulse. Se altri dicono che “si vince in 11 e si perde in 11”, Franco Scoglio spiegava sempre il motivo. Perché non amava le definizioni generiche, il comunicare o il giocare “ad minchiam”, come talvolta era solito dire quando qualcosa o qualcuno non gli andava a genio.

IN DIRETTA TV. Franco Scoglio muore a 64 anni il 3 ottobre 2005, mentre parlava anzi litigava di calcio in televisione. Durante un’accesa (ma civile) discussione televisiva con il presidente del Genoa Enrico Preziosi, Scoglio avverte un malore improvviso e crolla dalla sua sedia. La trasmissione viene immediatamente sospesa, si procede ai soccorsi ma ogni azione risulta vana. “Morirò parlando del Genoa”, aveva detto qualche tempo prima, tra il serio e il faceto, a un amico. Un presagio, forse. La sorte gli dà ragione. Quella ragione che in ogni dibattito Scoglio vuole, quasi pretende. Perché è un duro, un assolutista, uno che nell’andare controcorrente vive di sue certezze e di idee personali da concretizzare. Francesco Scoglio, detto Franco, nasce a Lipari nel 1941. Negli anni 60 si laurea in Pedagogia e poco dopo insegna a Palmi, in Calabria, presso un Istituto Agrario. Nel mentre, gioca a calcio a discreti livelli. Ha una breve esperienza in campo con la Palmese, ma in realtà ha altro in mente. Vuole fare l’allenatore, lui è nato per insegnare. Per far giocare, più che per giocare. Quando si mette in testa qualcosa, è difficilissimo spostarlo di un millimetro. Tant’è che a poco più di 30 anni Franco Scoglio è un allenatore. Lo ha deciso e lo ha fatto. Ha a che fare con i ragazzi della Reggina, anzi, a ben vedere sono loro che hanno a che fare con lui. Lo chiamano “il professore”. Del resto, lui non avrà un carattere facile ma non è certo uno che usurpa titoli.

GLI INIZI. Nel 1973 allena in serie D, a Gioia Tauro. La Gioiese fa un ottimo campionato ma il secondo posto nel girone non dà la promozione. Al posto della Gioiese passa il Messina, quello stesso Messina che l’anno successivo lo chiama in panca. Scoglio sale così di categoria e nel campionato 1974/75 allena in serie C. La squadra dello Stretto termina al sesto posto giocando un buon calcio, ma l’allenatore (guai a chiamarlo mister) non viene riconfermato. Eppure la squadra vince il derby dello Stretto sia all’andata sia al ritorno. Forse è questione di chimica fra le parti. Il professore è bravo, ha competenza, ma andarci d’accordo è faticoso e di norma i presidenti amano figure più comode. L’anno dopo Scoglio è sulla panchina dell’Acireale. Stavolta retrocede ma la società non lo manda via. Lo manda via a metà della stagione successiva. Da qui un girovagare per l’Italia (C1, C2, Interregionale) quasi decennale. Poi nel 1984, il ritorno in pianta stabile a Messina. Il suo lavoro e il suo credo tattico sta finalmente dando frutti. È duro, ma con i giocatori è anche disponibile al dialogo e al confronto. A modo suo, s’intende. Convince la squadra che nel calcio moderno ci vuole sacrificio negli allenamenti, prove e riprove sulle diagonali e sulle palle inattive.

TATTICA, NON CHIACCHIERE. Fa suo il concetto di zona “sporca”, un misto di marcatura a uomo e a zona. È attento osservatore della tattica in altri sport, saccheggia in modo appropriato schemi di gioco dal basket e perfino dal rugby. Va oltre il senso comune di circolazione della palla. Nel 1985 si concede il lusso di battere la Roma in Coppa Italia. Il primo anno sfiora la promozione in B, nel 1986 la ottiene. È il primo a credere nelle capacità di un ragazzo palermitano con occhi spiritati e senso del gol, Salvatore Schillaci. Il secondo a crederci sarà Zeman. Due campionati di media classifica in B e poi Scoglio lascia Messina. Conosce Genova ed è amore a prima vista, la sponda è quella rossoblù. Un amore ricambiato, anche perché al primo tentativo il Genoa è promosso in serie A. Alla soglia dei 50 anni, dopo essersi spostato in continuazione da nord a sud della Penisola, Franco Scoglio entra nel calcio che conta e, a suo modo, diventa un personaggio. Le sue interviste rompono gli schemi usuali della comunicazione sportiva. È un uomo schietto e, come spesso avviene, non c’è nulla di più rivoluzionario (e fastidioso) della sincerità. A volte farebbe bene a non tracimare nella brutalità, ma lui è comunque un allenatore che pensa chiaro e parla chiaro. E se si riesce a superare un primo impatto che lo fa apparire presuntuoso, ci si accorge che non è uno che parla “ad minchiam”. La serie A è dura e rimanere a galla, specie se non si è stati calciatori professionisti noti al grande pubblico, è impresa per allenatori tenaci e corazzati. Per affrontare la massima categoria arrivano dal Sudamerica Aguilera e Perdomo. Il primo si dimostra un ottimo giocatore, l’altro no. Nella visione di gioco di Scoglio, Perdomo dovrebbe essere il perno più avanzato di un rombo difensivo composto anche da Signorini, Torrente e Caricola. In pratica, il giocatore davanti alla difesa. Una sorta di Pirlo ante litteram, per come la vede il Professore. L’idea c’è, il calciatore meno. In ogni caso, il Genoa arriva all’undicesimo posto e si salva senza particolari patemi.

“UNO DI NOI”. Si viene a formare il primo nucleo della squadra che con Osvaldo Bagnoli stupirà un intero continente nell’European Tour 1991/92 (semifinalista di Coppa UEFA). C’è Eranio, c’è Signorini, c’è Ruotolo. Il ceco Skuhravy arriva dopo Italia ’90 a fare coppia d’attacco con Aguilera. Nel ’90 Scoglio va a Bologna ma dura solo 6 partite. La squadra non è all’altezza e cambiando l’ordine degli allenatori la retrocessione non cambia. Anzi, non si evita. Nulla può neppure Gigi Radice, che prende il posto di Scoglio dalla settima d’andata. In seguito il Professore allena anche Udinese, Lucchese, Pescara, Torino, Cosenza e Ancona. Nel 1993, a sbornia europea consumata per i rossoblù, torna sulla panchina del Genoa. Obiettivo salvezza, stavolta. Mission impossible, adatta soltanto a Tom Cruise? Neanche per sogno, la squadra si salva e per la curva Scoglio diventa “uno di noi”. E lo rimarrà per sempre, anche dopo che il tecnico sarà stato esonerato alla decima giornata del campionato 1994/95. Alla fine del millennio Franco Scoglio vive un nuovo amore calcistico, l’Africa.

TRAMONTI D’AFRICA. Tra il 1998 e il 2000 allena la Nazionale della Tunisia. I risultati sono buoni: un quarto posto nella Coppa d’Africa del 2000 e la qualificazione al campionato mondiale del 2002 sono risultati tangibili. Poi allena la Libia, oggi non sarebbe il caso, vista la situazione politica “post Gheddafi”. L’ultima esperienza su una panchina Scoglio la vive a Napoli nella stagione 2002/2003. È una piazza difficile e la città vive un momento ancor più complicato. La squadra è in serie B e non c’è tempo per teorizzare il calcio dell’avvenire. In mancanza di risultati positivi, l’esonero arriva prima dell’inizio del girone di ritorno. Una volta terminata la carriera da allenatore, il Professore fa il commentatore televisivo per molte reti televisive italiane (da ultimo a Controcampo su Italia 1), ma anche all’estero (opinionista per Al-Jazeera). I suoi giudizi netti e trancianti, sciorinati sul filo dell’arroganza concettuale, non lo rendono simpatico a tutti ma negare la qualità del ragionamento sarebbe impresa dura. Negli ultimi anni della sua vita Franco Scoglio insegna all’Università di Messina. Non è tornato a Lipari, ma le Eolie sono piuttosto vicine. L’Ateneo siciliano gli affida la cattedra di Teoria, tecnica e didattica del calcio per il corso di laurea di Scienze Sportive e Motorie. La sera del 3 ottobre 2005 il Professore si trova negli studi di Primocanale, tv locale genovese. Con lui c’è anche Claudio Onofri, bandiera del Genoa negli anni 70 e 80. A Scoglio la gestione Preziosi non piace affatto e, tanto per cambiare, al diretto interessato non la manda a dire. All’improvviso si accascia all’indietro sulla poltrona dove è seduto. I presenti in studio pensano che sia uno scherzo, sta morendo. La sua profezia “Morirò parlando del Genoa” in effetti si avvera. Un privilegio riservato a lui e a Socrates (“Vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo”). Mica a gente “ad minchiam”.

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Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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