di Marco Di Grazia
“Che cos’è il genio?” Diceva il Perozzi in Amici miei: “il genio è fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione”.
Vero, il genio è questo.
Oppure è Bonvi.
In un’epoca in cui si tende ad ampliare troppo certi aggettivi, quello di “genio” si applica alla perfezione a Franco Bonvicini, in arte Bonvi, genio e geniale artista che ci ha lasciati troppo presto, in una fredda notte di dicembre del 1995.
Raccontare qui chi era, anzi, chi è, Bonvi, è fin troppo scontato. Parlano per lui le tante pagine che gli sono dedicate, le sue biografie, le decine e decine di aneddoti raccontati da chi l’ha conosciuto, ma soprattutto i suoi fumetti.
Geniali!
Sempre.
Le Sturmtruppen, Nick Carter, Marzolino Tarantola, le Cronache dal dopobomba, le Cronache dallo spazio profondo (scritto dall’amico Francesco Guccini), Milo Marat, La Città (per i disegni di Giorgio Cavazzano) e tanto altro.
E poi Supergulp! Anzi: Gulp! e Supergulp!, le due trasmissioni televisive degli anni ’70 realizzate in collaborazione con Guido De Maria e Giancarlo Governi.
Chi non ha sognato, in quegli anni, con i “fumetti in tv”, quella meravigliosa trasmissione che ha formato una generazione intera? E di cui Bonvi era protagonista e spina dorsale.
Bonvi. Geniale nella sua arte, geniale nel suo modo di vivere, geniale nel suo sguardo, con i suoi occhi furbi e aperti sul mondo.
Amico inseparabile di Francesco Guccini e con lui animatore delle notti in osteria, in quelle osterie di fuori porta a “cercare le notti ed il fiasco”, e che riceverà, da Guccini, l’omaggio postumo in una bellissima canzone a lui dedicata: Lettera. Una canzone per l’amico scomparso.
E si torna così a quel maledetto 9 dicembre del 1995. Bonvi deve andare da Red Ronnie, nella sua trasmissione: “Roxy Bar”. Ha un obiettivo: mettere in vendita le sue tavole per aiutare un amico, un amico malato: Roberto Raviola, in arte Magnus, uno che sta al fumetto d’autore come De Andrè sta alla canzone, d’autore.
Magnus è malato gravemente e ha bisogno di cure costose e Bonvi è deciso a dargli una mano.
Chi scrive lo aveva visto appena un paio di settimane prima, a Roma, durante le premiazioni della fiera Expocartoon. Mentre si stava svolgendo la serata, Bonvi era fuori, sdraiato su una scala, con lo sguardo appeso verso l’alto. Chi scrive, che allora era poco più di un ragazzo, si avvicinò timidamente e gli chiese se c’era qualcosa che non andava, se stava male. Bonvi non rispose, se non con un grugnito. Chi scrive si allontanò, poi seppe il giorno dopo, da amici di Bonvi, che il Genio era triste e pensava al suo amico Magnus.
E torniamo di nuovo a quel maledetto 9 dicembre. Bonvi si sta dirigendo al Roxy Bar. E’ una serata fredda e nebbiosa. Bonvi non sa esattamente dove sia lo studio televisivo, per cui si ferma a chiedere informazioni in un bar (che non è il Roxy, maledizione, è un bar normale) sulla strada. E mentre attraversa quella maledetta strada giunge un’auto che lo investe.
Dopo il buio è sempre più buio, la nebbia è sempre più nebbia.
A 54 anni termina così l’esistenza di un Genio, che però, a ben vedere… non terminerà mai.
Ach!, Bonven … e l’ultimo … chiuda la porta.