ROLAND RATZENBERGER: Nemmeno la morte.

di RENATO VILLA

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1.

Nemmeno la morte mi ha reso giustizia.

 

La Nera Signora si è presa il mio corpo e la mia essenza   vitale in quella curva di Imola.

 

Ma nemmeno lei è servita a darmi pari dignità nei confronti degli altri miei colleghi.

 

Nemmeno la morte è servita a farmi ricordare.

 

Per tutti sono stato, e sarò per sempre, un “signor Nessuno”, come tanti altri che hanno fatto la mia vita.

 

Nemmeno la morte è riuscita a rendermi giustizia.

 

2.

E’ proprio strano.

Quando muori pensi che si ricordino di te, almeno quel minimo di tempo.

 

A me non è successo.

 

Perché la sorte ha voluto che, mentre mi trovavo disteso sul tavolo per l’autopsia, andava a morire, in un’altra curva, un altro mio collega.

 

Ma non uno qualunque.

 

Il più grande.

Ayrton Senna.

 

E, in quel momento, mi sentii abbandonato anche dalla Morte.

 

Perché “io” non Le ero bastato.

 

Non valevo poi così tanto, ed allora aveva ghermito il più grande.

 

Perché Lei non lascia mai le cose malfatte.

 

3.

I box della Simtek erano chiusi, in segno di lutto.

 

Ma la pista, e le gradinate, erano rumore.

Di motori e di gente.

 

Erano l’essenza stessa di quella gara che io non avevo potuto vivere.

 

Io, disteso sul tavolo d’autopsia, avevo attorno un mondo intero.

 

In pista stava succedendo il finimondo.

Perché la Morte aveva deciso di compiere il gesto più eclatante.

 

E io, io mi sentivo ancora più solo.

Sempre più solo.

 

4.

Non è bello sapere che nemmeno nel momento finale della tua vita c’è un qualcuno che, senza volere, ti scavalca e ti cancella dalla memoria collettiva.

 

A me è accaduto così.

 

Quando Ayrton arrivò, aveva un buco in gola.

Ma era Ayrton.

 

-Non è giusto- mi disse (i morti parlano tra loro, non lo sapete?).

 

Io rimasi stupito.

Cosa, non era giusto?

 

-Da domani si parlerà di questo week-end come di quello nel quale sono morto io- aggiunse tristemente.

 

Vero.

Mi avrebbero dimenticato.

 

Di me si sarebbe ricordato giusto che, nelle prove, avevo  anticipato la fine del grande campione.

 

Con una differenza.

Non avrebbero nemmeno detto il mio nome.

Se lo sarebbero scordato.

 

Avrebbero parlato di “un pilota della Simtek”.

Forse il nome strano mi avrebbe fatto ricordare dagli appassionati, e probabilmente giusto da loro.

Per il resto, sarei scomparso.

Di me avrebbero parlato solo le cronache.

Solo le cronache.

 

5.

E’ triste sapere che nemmeno la Morte è equa.

 

Ma al mondo di equo non c’è nulla.

 

Pensavo che, in fondo, arrivato alla fine sarei stato trattato come tutti.

Invece no.

 

La Morte scelse di farmi accompagnare nel mio viaggio dal campione più grande.

 

E fu così che la mia storia finì, per diventare quella di un altro.

 

Perciò chiedo solo una cosa, con questa lettera.

 

Chiedo solo che mi si ricordi.

 

Roland Ratzenberger

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Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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