LUIS OCANA: Io e il mio destino maledetto.

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“Non ho paura di nessuno.

Neppure di lui, del “CANNIBALE”.

Lo so, a cronometro è un pochino più forte di me.

Ma a me non rifila 4 o 5 secondi al chilometro come agli altri scalatori !

E quando la strada si impenna sotto le ruote nessuno, nemmeno lui, riesce a tenere il mio passo.

Ne lui ne gli altri scalatori “puri” come il mio compaesano Fuente, il belga Van Impe o l’olandese Zoetemelk.

Che scattino pure !

Quando lo fanno guadagnano si e no trenta metri … quando va bene.

Nel giro di duecento gli torno sotto e quando inizio io a “macinare” sono loro a staccarsi.

A questo Tour sono arrivato in condizioni strepitose.

Già al Giro del Delfinato, anche se alla fine sono arrivato 2° dietro Marckx, nella tappa di Annecy, quando l’ho staccato sotto il diluvio, ho capito che quest’anno al Tour potevo davvero dire la mia.

Sei giorni fa ne ho avuto la prima conferma: al primo arrivo in salita sul Puy de Dome, pur senza infliggere grandi distacchi, sono arrivato davanti a tutti e questo mi ha dato le risposte che cercavo.

Ma è stato tre giorni fa che ho capito che Eddy Merckx non solo è ATTACCABILE … ma è anche e soprattutto BATTIBILE.

Quel giorno ad Orcieres ho sentito le gambe “girare” come nei giorni migliori.

Maurice De Muer, il mio direttore sportivo, continuava a supplicarmi di aspettare l’ultima salita per attaccare.

“Luis, se rimani senza benzina prima della salita finale ci giochiamo il Tour !”

Certo che ce lo giochiamo … per vincerlo.

Quando ho attaccato sulla Cote de Laffrey (dura, ma pur sempre una Cote) mi avrebbe strozzato.

La tappa era iniziata da poche decine di chilometri ma non ce la facevo proprio a starmene buono in mezzo al gruppo.

Per fortuna il pretesto me lo ha dato Agostinho e così sono scattato per andare via con lui.

Quando dopo pochi secondi sono arrivati Zoetemelk e Van Impe ma NON Merckx mi sono decuplicate le forze !

Siamo stati insieme fino ai piedi del Col de Noyer.

A quel punto mancavano più di 70 km all’arrivo.

Sono ripartito ancora.

In realtà volevo solo alzare il ritmo (così ho detto al mio Direttore Sportivo all’arrivo … voi ci credete ?!?!).

Testa bassa, occhi sull’asfalto e gambe che giravano a mille.

Quando mi sono voltato non c’era più nessuno dietro di me.

Cosa dovevo fare ? Fermarmi ?

Quando sono arrivato da solo ad Orcieres ho fatto in tempo a scendere dalla bici, asciugarmi dal sudore, rispondere ai giornalisti, cambiarmi la maglia e andarmi a sedere comodamente sul palco.

In tutto quasi sei minuti.

Tanto ci è voluto prima che arrivasse qualcun altro all’arrivo, Lucien Van Impe.

Quando è arrivato Merckx il cronometro segnava 8 minuti e 42 secondi.

Ho la maglia gialla addosso.

La prima parte del mio sogno si è realizzata.

Ora devo far diventare realtà la seconda: portare questa maglia a Parigi”

 

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Luis Ocana non porterà la maglia gialla a Parigi.

Nonostante quell’anno fosse probabilmente il più forte di tutti.

Anche dell’immenso Eddy Merckx.

Merckx dal giorno di quella disfatta le tentò tutte per riprendersi lo scettro “rubatogli” da quel determinato e irrispettoso spagnolo che con la famiglia per sfuggire a Francisco Franco e alla povertà si trasferì nel versante francese dei Pirenei.

Qualcosa era riuscito a riguadagnare nei confronti di Luis ma con ogni probabilità non sarebbe bastato un altro Tour intero per riuscire a recuperare il distacco.

Ma nella tappa con l’arrivo a Luchon Luis Ocana inizierà a “flirtare” con una “Signora” che non lo lascerà mai più, per il resto della sua breve vita: la cattiva sorte.

La tappa è corsa in condizioni atmosferiche pazzesche, davvero al limite anche per chi, come i ciclisti, è abituato a tutto.

Piove a dirotto e le strade dei Pirenei sono un mare di acqua e di fango.

Durante la salita del Col de Mente Merckx prova ripetutamente ad allungare nel tentativo di staccare Ocana.

Luis però non cede di un metro.

Arrivati in cima il “cannibale” si lancia in una disperata discesa, come un leone ferito che attacca a testa bassa, incurante del pericolo.

Rischia di volar via ad ogni curva e all’uscita di ognuna rilancia la bici con rabbia.

In almeno tre occasioni rischia la caduta … ma quando si volta Luis Ocana è sempre dietro di lui !

“Non ci credo !” pensa Eddy. “Uno spagnolo che sa andare anche in discesa” !

“Non si era mai visto !”.

Merckx ha ragione.

Nella storia del ciclismo il paese iberico ha prodotto scalatori meravigliosi come Bahamontes, Jimenez o lo stesso Fuente … ma in discesa erano tutti scarsissimi.

Intanto il temporale aumenta di intensità, così come la veemenza degli attacchi di Merckx.

Nella autentica tempesta meteorologica che si sta scatenando il gruppetto con Eddy e Ocana si trova improvvisamente a dover affrontare una curva a sinistra al termine di un breve rettilineo.

Il temporale è al suo zenit e la visibilità è pessima.

Eddy, che è davanti qualche metro, è sorpreso.

Ma con un numero da autentico acrobata, pur arrivando lungo e finendo a bordo strada, riesce a rimanere in piedi.

Ocana, dietro di lui, si accorge con un attimo di ritardo della curva.

Non riesce a tenere in strada la sua bici, rallenta ma finisce comunque la sua corsa contro un muretto, rimanendo a terra.

La caduta, seppur spettacolare e sicuramente dolorosa, non pare provocare danni irreparabili.

Ocana, seppur dolorante, si rimette in piedi e sta tentando di rimettersi in sella.

In quel momento però sopraggiungono Lopez Carrill, Agostinho e Zoetemelk.

Anche loro, come Eddy e Luis pochi secondi prima, assolutamente sorpresi da quella curva.

Eddy è già ripartito.

Luis Ocana sta per farlo.

Joop Zoetemelk però lo centra in pieno.

Ocana viene sbattuto a terra violentemente.

La botta è terribile.

Perde i sensi.

Rimane a terra sull’asfalto, nei suoi Pirenei, con la maglia gialla addosso, ormai irriconoscibile dalla pioggia e dal fango.

Il suo Tour de France finisce in quel momento, a poche decine di chilometri da casa sua.

Verrà portato all’ospedale più vicino in elicottero.

 

Eddy alla fine di quella tappa torna in testa alla classifica del Tour.

Con un gesto encomiabile e da vero sportivo si rifiuterà di indossare la maglia gialla, in onore del suo sfortunatissimo e altrettanto forte rivale.

Eddy vincerà il suo terzo Tour consecutivo.

L’anno successivo Luis ci riprova.

Tutta la sua stagione è incentrata sul Tour.

“Stavolta non ce ne sarà per nessuno” afferma spavaldo lo spagnolo nei giorni prima della partenza.

Ocana ci prova continuamente, con grande coraggio e determinazione.

Ma Eddy Merckx pare inattaccabile.

Risponde colpo su colpo.

Poi la “Signora Sfortuna” si ricorda che ha designato lui, Luis Ocana, come partner del cuore.

Nella discesa dal Col d’Aubisque è addirittura un suo compagno di squadra, Santy, ad arrotarlo e ad investirlo.

Luis, sia pure acciaccato, non molla ma qualche giorno dopo sarà una forte bronchite a metterlo definitivamente ko.

Il Tour lo vincerà l’anno dopo, stracciando letteralmente tutti i suoi avversari.

Tranne uno.

Lui, Eddy Merckx, che quell’anno decide di non partecipare al Tour per tentare (ovviamente riuscendovi) la doppietta Giro e Vuelta.

Vincere senza Eddy non ha lo stesso sapore, nonostante Ocana in quel Tour andava come un treno … forse addirittura più forte di due anni prima.

Merckx per Ocana era diventato un’ossessione.

Batterlo significava battere il “dittatore” del ciclismo mondiale, colui che quando correva gli altri erano felici di piazzarsi secondi.

Non lui. No, lui non era felice di arrivare secondo.

I dittatori li ha sempre detestati. Tutti quelli incontrati nella vita.

Francisco Franco che affamò la Spagna e costrinse la sua famiglia ad emigrare in Francia per trovare lavoro.

Suo padre, autoritario e burbero che voleva per il figlio un futuro da carpentiere e odiava vederlo correre in bicicletta.

Il suo capo cantiere quando Luis faceva il muratore e correva nei dilettanti al quale dopo l’ennesimo alterco Ocana tirò un martello, colpendolo in testa e trovandosi disoccupato un istante dopo.

Arrivò perfino a chiamare il suo pastore tedesco “Merckx” raccontando, tra il serio e il faceto, che gli piaceva l’idea di avere un Merckx ubbidiente e che gli si coricava ai piedi.

Finita la carriera ciclistica, tutt’altro che longeva (smetterà nel 1977, a soli 32 anni) si accorge definitivamente che la sua “Signora” non ha alcuna intenzione di mollare la presa su di lui.

L’anno successivo, mentre è in auto a seguito di una corsa ciclistica come commentatore televisivo, sarà vittima di un incidente automobilistico.

Perderà l’occhio sinistro.

Nel frattempo è tornato a vivere nei suoi Pirenei, sponda francese, a Mont-de-Marsan.

Ama la campagna, il verde e la tranquillità.

Inizia a produrre un distillato di vino, il più antico del mondo: l’Armagnac.

L’inizio è più che confortante.

Luis è conosciutissimo, il suo prodotto piace e con la moglie e i due figli sembra finalmente arrivare la tanto agognata serenità.

Chissà … che la “Signora Sfortuna” si sia accasata altrove ?

Semplice illusione e vana speranza.

Nel giro di poco tempo a Luis Ocana viene riscontrata l’epatite C, non esattamente facile da curare ai tempi. Come se non bastasse ci si mette anche la natura contro di lui.

Per tre anni di seguito il raccolto delle sue vigne andrà praticamente distrutto dalla grandine.

Anche per lui, che aveva combattuto con un destino avverso fin dall’infanzia, questo è troppo.

Cade in un feroce stato depressivo.

Gli amici ricordano che la morte era praticamente in ogni discorso di Luis in quel periodo.

Finché la morte arriva davvero.

Ci aveva già provato Luis.

Il 17 maggio del 1994.

La moglie Josiane riesce a salvarlo.

Arrivano i medici e arriva la gendarmerie.

Luis sembra pentito.

I medici tranquillizzano Josiane.

Due giorni dopo, è il 19 maggio, Luis ha un’altra delle sue terribili crisi depressive.

Diventa collerico e intrattabile.

La moglie cerca di placare la sua collera.

Tutto inutile.

Luis Ocana è fuori di se.

Lei cerca di sfuggirgli e con il cordless in mano tenta disperatamente di chiamare il medico.

Poi Luis, come faceva spesso in quelle circostanze, pare placarsi di colpo.

Si scusa con la moglie.

Dice che andrà in ufficio a sbrigare alcune pratiche.

Josiane tira un sospiro di sollievo.

Riesce così a chiamare il medico, avvisandolo delle condizioni del marito e supplicandolo di raggiungere la loro abitazione immediatamente.

Poi però viene assalita da un dubbio.

Uno di quelli atroci.

Corre nell’ufficio del marito.

E trova Luis Ocana alla poltrona della sua scrivania.

In un lago di sangue.

Si è sparato un colpo in testa.

Luis Ocana, l’unico vero “anti-Merckx” della storia del ciclismo, morirà così, a soli 49 anni.

Lascerà i suoi due figli e sua moglie Josiane.

La Signora Sfortuna alla fine è riuscita ad averlo tutto per lei.

 

 

Come al solito la prima parte raccontata in prima persona è di pura fantasia ma estrapolata da interviste, articoli e filmati del grande Luis e di quel maledetto Tour de france del 1971.

 

 

 

Autore: remogandolfi

Amo gli ultimi. Quelli spesso perdenti, autodistruttivi, sfigati fino all'inverosimile. Qui proverò a raccontare qualche piccola storia dei tanti che ho amato, nello sport, nella musica e nel cinema. Accompagnato da tanti amici con le mie stesse passioni.

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